Racconti e storielle degli ebrei: Testi inediti della tradizione yiddish raccolti da E.S. Rajze
Elena Kostioukovitch checked the translation, managed copyrights, coordinated the internal iconographic selection, controlled the typographical structure, contributed to the creation of the cover art and participated to the promotion. Besides that, she wrote both the main foreword and a short preface for each section and provided the book with glossary -in cooperation with Laura Mincer - and comments.

Elena Kostioukovitch
PREFAZIONE
Le favole induse in questo volume sono state rese in italiano dal russo, nella quale lingua sono state tradotte, a loro volta, dal-l'yiddish. Sotto il termine di "favole" abbiamo raggnippato per la verita materiali di varia estrazione: pezzi di narrativa, novelle, allegorie, sketch, apologhi, cronache, bozzetti, scene, barzellette, repliche e controrepliche, battute e controbattute, parabole mutua-te dal patrimonio enorme dei midrashim, presente nella Bibbia. L'originale russo copia il modello della haggadah (in ebraico "racconto"): nella letteratura rabbinica haggadah e il nome dell'insieme di racconti, parabole, proverbi a scopo di edificazione, derivante dalla tradizione orale e incorporato nel Talmud.
Per goderci la lettura e comprendere i materiali qui offerti, ricordiamoci della vita e della mentalita dd popolo che li ha prodotti. E in primo luogo, dell'assoluta, incondizionata, incontrastata e tradizionale sua predilezione per la spiritualita rispetto a tutto do che e materiale.
E la spiritualita che paradossalmente diventa, in alcuni casi, ad-dirittura demento commerciabile:
Favola 338: Una volta arrivato a Niznij Novgorod si mise a per-correre la fiera in lungo e in largo. Schiamazzi, chiasso. Chi compra, chi vende...
"Ma cos'e che vorreste comprare, amico? Uva passa? Mandorle? Oppure del pepe?" Rispose il giovanotto:
"Neanche io lo so, cosa comprare. Comprerei la mia merce se solo qui la si potesse trovare." "E quale sarebbe la vostra merce?"
"La Torah. E se qui li si potesse trovare, comprerei anche un intero vagone di esperti in religione, di misnagidim." Allora gli intermediari si lanciarono in tutte le direzioni in cerca di misnagidim, e non furono pochi quelli che trovarono. Cominciarono a portarli...
Nel mondo degli shtetl ebraici dispersi per la "zona di residenza" sul margine occidentale dell'Impero zarista, gli ebrei, condizionati dalla legislazione statale, spesso svolgevano il lavoro di fittavoli (gli arendator di tante favole di questo libro), organizzavano la produzione agraria e curavano i rapporti dei possidenti (pari) con i contadini, si occupavano del commercio, curavano la produzione del vino (era un'altra scelta indotta), ma in ogni caso tenevano in alta considerazione il valore dello studio e al vertice delle occupazioni posizionavano l'apprendimento, la biblistica, la documentologia, la traduttologia, il commento alla Torah.
La lettura fungeva da collante per tenere insieme gli ebrei fin dai tempi dell'Impero romano. Il prestigioso studio speculativo si trovava al di sopra di ogni gerarchla sociale; l'erudizione valeva piu di qualsiasi altra qualita, piu della ricchezza e molto di piu della bellezza. Del resto, il ruolo, per esempio, dell'immagine visiva risulta sempre sorprendentemente basso nella cultura e nella vita della societa ebraica: la cura del "look" personale nella cultura ebraica e sconosciuta, e finanche la rappresentazione dei tratti umani nel di-segno e vietata dall'imperativo biblico di non raffigurare cose, animali o persone che possano dar luogo a culti idolatri.
Nelle famiglie povere, come in quelle ricche, i bambini gia all'eta di quattro anni venivano mandati a scuola. La comunita pagava gli studi ai poveri. Ogni allievo, che otteneva certi risultati nella dottrina, poteva contare su ulteriori sovvenzioni e borse di studio, entrava cosi in azione un sistema di beneficenza molto ben sviluppato.
Tuttavia le scuole religiose dell'obbligo: kheyder, talmud-torah e yeskive, indottrinavano gli allievi soltanto nelle Sacre Scritture; li si studiava solo la Torah e il Talmud. Nessuna disciplina applicata, nessuna matematica, nessun riferimento alle scienze. Bastava un minimo accenno al fatto che nella scuola statale per rabbini (esistevano anche quelle) potessero essere introdotte nozioni non riguardanti la teologia ebraica, perche le famiglie tradizionaliste proibissero ai propri figli di entrarci, indirizzandoli soltanto verso le yeshive puramente ortodosse.
L'istruzione dei giovani nella vecchia societa ebraica veniva finalizzata quindi all'apprendimento ma anche al fanatismo. La loro futura vita veniva cosi orientata al separatismo religioso, all'isolamento, all'alienazione, al distacco. L'assistenzialismo comunitario proteggeva si l'ebreo, ma insieme lo schiavizzava. Non sempre si ricorda questo quando si ammira il cinema yiddish, o i quadri di alcuni grandi pittori come Chagall, che gia all'inizio del XX secolo hanno dato vita a un vero e proprio mito dello shtetl, idealizzato come una forma di comunita originaria, in cui vigevano rapporti umani particolarmente puri e una vita fortemente spiritualizzata.
Eppure nei ricordi di alcuni intellettuali di origine ebraica, nati negli shtetl, il mondo della loro infanzia e descritto in maniera dettagliata, vivace e molto critica. Sono memorie che ci forniscono la possibilita di rivedere tutto l'ambiente descritto in questo libro. Particolarmente bene e ritratta, per esempio, l'organizzazione della vita e dello studio religioso nelle memorie del poeta e letterato Abram Paperna 2 (meta XIX secolo):
Mentre i cristiani ortodossi della nostra localita disponevano solo di una chiesa, gli ebrei ne avevano quattro, tutte riunite nel cortile " sinagogale": la sinagoga, la bes-medresh, il kloyz e l'oratorio del l'albo dei sarti. La sinagoga, un edificio antico e maestoso, aveva le mura esterne e interne coperte da figure fantastiche e simboliche, nonche dai versi della Sacra Scrittura. Dietro la sinagoga si estendeva il cimitero. La sinagoga veniva gestita dal pio e melodioso khazn (cantore), che per arrotondare la paga misera, come tutti i chierici e i dipendenti della comunita, onde mantenere la propria famiglia, doveva sbrigare due o tre mestieri supplementa-ri. A parte la sua occupazione principale (servire in sinagoga) il cantore lavorava anche come macellaio rituale: mestiere che richiedeva non solo bravura tecnica, ma anche la conoscenza di tutte le caviliose prescrizioni derivanti dal Talmud. Oltre a questo, copriva anche t'incarico di scriba della'comunita, il soyfer. E inol-tre doveva improvvisarsi perfino notaio, che stilava a regola d'arte i contratti matrimoniali, i documenti di compravendita, i testamenti e i nuovi avvenimenti nel libro pinkas, cioe nella cronaca storica della comunita, che ne conteneva i fatti piu salienti. Dal-l'altro lato del cortile sinagogale sLtrovava la besmedresh, in cui andava a pregare la maggior parte della cittadinanza. L'edificio della bes-medresh era affiancato dalla sala riunioni dei capi della comunita (kahal), dalla talmud-torah (scuola gratuita per i poveri) e dalla prigione, adibita a tenerci le reclute in attesa della loro spe-dizione ai punti d'arruolamento presso qualche grande citta. Vicino alla bes-medresh si trovava l'abitazione del rabbino, aperta giorno e notte sul modello delle case dei tribuni popolari nell'an-tica Roma... Li arrivavano quelli che avevano bisogno di un giudizio (soprattutto sui problemi rituali) o di un consiglio. L'arbitrato rabbinico risolveva tutti i dissidi economici, matrimoniali e varie altre questioni, e vi si rivolgevano volentieri i cristiani del luogo se avevano delle vertenze contro qualche ebreo, visto che il processo cosi organizzato funzionava in maniera molto piu rapida ed efficace del tribunale statale russo (p. 34).
Nelle favole del libro i protagonisti sono spesso i rabbini, che esercitano il loro potere giudiziario e amministrativo: deliberano sui divorzi (favola 276 e altre), trovano i colpevoli nelle discordie della vita comunitaria, arrivando a colpevolizzare, nei casi tragicomici, Dio stesso ("In lite con Dio", favole 73 e 74; "Come un rabbino riusci a ingannare Dio", favola 340; "Come un rabbino si accordo con Dio", favola 341 ). Il tribunale statale russo viene deriso per la sua insopportabile lentezza con molto spirito nella favola 285:
Una donna mori improvvisamente quando suo figlio aveva solo tre mesi. Allora cercarono per il bambino una balia. Passati due mesi la balia ci ripenso, lascio il bambino e se ne ritorno a casa. Contro la balia si rivolsero al tribunale, perche fosse il tribunale a obbligarla a rispettare il contratto.
U tribunale si riuni, torno a riunirsi e di nuovo torno a riunirsi. E cosi per circa venti anni. Alla fine fu emessa la sentenza: si faceva obbligo alla balia di finire di allattare quel bambino.
Continua a raccontare Abram Paperna:
II kloyz era l'unica costruzione in pietra di tutto lo shtetl. Serviva da casa di preghiera al patriziato locale, cioe ai cittadini piu istruiti, conoscitori del Talmud, persone pie, benefattori... Per queste persone che venivano definite "belle", o "di seta" ("schetne, seide-ne Menschen") il kloyz fungeva non solo da oratorio ma anche da biblioteca, cioe da scuola per gli adulti, dove quotidianamente, dopo aver demandato le fatiche e le preoccupazioni della giornata alle mogli, si dedicavano alle preghiere mattutine e serali, ma soprattutto agli argomenti prediletti, che potevano essere lo studio della Gemarah, o della Mishnah, o dell'Haggadah. Questo kloyz rappresentava veramente l'analogo di un club inglese. Nelle ore dopo la preghiera giornaliera e prima di quella serale, al riparo di una grande stufa, in un'anticamera ben riscaldata, si riuniva il fior fiore dei pensatori locali per discussioni politiche o religiose (p. 35).
Prefazione
Nelle favole 203,211,213 troviamo tante scenette di queste dispute abituali all'interno della bes-medresh, o di un kloyz, I kloyz et solito accoglievano anche studenti che venivano da lontano per perfezionare la propria preparazione presso famosi sapienti. Si chiamavano bakhorim (se erano celibi) o porushim (se erano spo-sati); arrivavano a piedi con un bastone in mano e un fagotto sulle
He; venivano subito accolti e forniti di un elenco di sette famiglie disposte ad aggiungere un posto a tavola un giorno alla settimana (cosi nasceva l'espressione "il mangiare di giornata", che troveremo nella favola 101). Questi goliardi che assomigliavano agli studenti medioevali europei, non si preoccupavano dell'allog-gio, dal momento che era loro permesso di accomodarsi direttamente per terra o su una panca nello stesso kloyz. Li trovavano sempre libri e candele gratis. Lontano dalle famiglie, da qualsiasi cura della vita quotidiana, avevano in tal modo tutte le possibilita di dedicarsi ad approfondire lo studio della Torah.
Alcuni virtuosi arrivavano al livello di conoscenza detto "all'ago": perforando a caso una pagina del Talmud con un ago, l'erudi-to poteva citare tutte le parole che l'ago infilava passando attraverso tutte le pagine successive del libro chiuso. Un altro virtuosismo consisteva nella capacita di decifrare il verso delle Sacre Scritture al solo suono delle vocali del verso e della loro sequenza.
I kloyz rimbombavano delle tonanti voci dei giovanotti in lettura sui volumoni del Talmud. Il metodo era quello di leggere un brano ad alta voce ed eseguirne il commento, discutendo poi con i compagni. Spesso s'infiammavano anche gli altri; iniziava una disputa chiassosa, ognuno impiegava tutta la propria erudiziene, l'arguzia e l'ingegnosita, pescando argomentazioni nei rami della dialettica, della logica e persino della sofistica. Il vincitore di un siffatto torneo non veniva magari coronato da allori, ma poteva contare sul prestigio piu assoluto. E non solo: se si trattava di un celibe, poteva essere certo che i migliori uomini della comunita gli avrebbero mandato entro breve dei.mediatori, skadkkonim, chiedendolo in marito per le proprie figlie.
E il caso della nostra favola 224:
Una volta il capo di una famosa yeshive ricevette una lettera dal ricco reb Avrumetz Yaltushkover. Nella lettera il ricco reb lo incaricava di trovare un fidanzato fra gli yeshibotnik per la sua unica figlia, pregandolo di scegliere quello piu saggio, piu colto, piu capace, uno che sapesse salmodiare le preghiere e comporre sermoni. "Di ricchezze ne ho molte", scriveva il ricco reb, "e per il bene della mia unica figlia non badero a spese."
Racconti e storielle degli Ebrei
Sul mercato dei fidanzati le quotazioni piu alte venivano riconosciute ai giovani di erudiziene e ingegno indiscutibile, mentre contava poco o niente la ricchezza delle Famiglie dei futuri sposi o (paradossalmente) la capacita del genero di procurare il necessario per il mantenimento della famiglia. Sembra fantastico, ma a un uomo, soprattutto a un giovane, non veniva richiesta alcuna attivita pratica, solo quella contemplativa. Al contrario della diffusa figura dell'ebreo affaccendato e operoso, le memorie e ricordi delle famiglie ebree russe del secolo scorso ci fanno conoscere frasi del tipo: "Nella nostra stirpe, grazie a Dio, nessuno cambiava fede e nessuno lavorava con le mani".
Un giovane, durante la cerimonia di nozze, deve sostenere un vero e proprio esame, la cui descrizione troviamo nella favola 23:
Attorno a una tavola d'argento, su sedie d'oro, stavano seduti dieci anziani saggi, con alla testa il promesso sposo in persona. Davanti a loro erano stati collocati dei grandi volumi e tutti erano intenti a cantilenare interpretando la Torah. Il volto del promesso sposo emanava una luce celestiale ed egli parlava con tale saggezza che perfino i due padri (il suo e il padre della sposa), due noti rabbini, ne comprendevano appena le parole...
e nella prima favola della raccolta l'esame si conclude con una svolta che potrebbe sembrare alquanto autoritaria:
Lo sposo era un yeshibotnik, e ora sarebbero cominciate delle domande cui egli avrebbe dovuto dare una risposta. Cominciarono, dunque, a fargli queste domande, ma quello non rispondeva mica tanto bene. Era u presente anche un altro giovane, che, invece, seppe rispondere a tutte le domande. Reb Shimshon lo guardo con attenzione e si accorse che era anche intelligente e bello. Allora reb Shimshon mando a chiamare la madre della sposa [...] ordino che lo sposo fosse il giovane che aveva risposto a tutte le do-mande, dopodiche festeggiarono allegramente il matrimonio.
Soddisfatto del successo di avere accasato la figlia con un uomo intelligente e colto, il suocero subito donava affa giovane coppia parte della sua proprieta e si vincolava all'obbligo del kest: si chiamava cosi il sostentamento completo, per la durata di un certo numero di anni, della nuova coppia, compresa la futura prole. Questa sorprendente realta sociale e rispecchiata nelle favole 225, 226. E cosi nella 200:
"Proprio perche avete invitato me voi dovete accogliere anche lui. " "Ma perche?" senza riuscire piu a trattenersi grido il ricco. "Dove sta scritto?"
"E scritto nel suo contratto di matrimonio. Questo giovanotto e mio genero e in base al contratto matrimoniale io sono obbligato a dargli da mangiare a tempo indeterminato. Quello che mangio io se lo deve mangiare anche lui."
Naturalmente, il tema della scienza imperniata sul puro filosofeggiare, sullo studio puro e astratto, distaccato dai problemi della vita reale, forniva non pochi spunti di grande comicita:
Favola 268: Un ministro strinse in pugno un anello e protese il
braccio verso il principe. Questi misuro la sagoma del pugno e
disse:
"Le mie conoscenze mi suggeriscono che dentro la mano e stretto
un oggetto dalla forma rotonda con al centro un'apertura dalla
forma circolare."
Tutti si stupirono del livello di istruzione del principe. Allora il
ministro chiese:
"Saggio principe! Definisci, sii misericordioso, cosa esattamente
io sto stringendo nella mia mano."
Al che il principe cosi rispose:
"In base alle conoscenze da me acquisite all'universita questo dirvi proprio non posso, ma il buon senso mi suggerisce che in mano
voi stiate stringendo una macina da mulino."
A fianco di tanta scienza sterile, inutile per la cognizione del mondo, si sviluppava una filosofia infeconda, inutile per la cono-scenza degli uomini. E derisa brillantemente nella favola 270:
"Sappi, figlio mio, che con la fidanzata dovrai parlare in una certa
maniera. Chiacchiera di quello che ti pare, ma se vuoi piacerle devi assolutamente inserire nel tuo discorso tre cose: per prima cosa
parlale della sua famiglia, in secondo luogo parlale di amore (e una cosa che alle ragazze piace), in terzo luogo parlale un po' di filosofia, il che ti dara un certo peso. Se condurrai con successo la
conversazione la fidanzata sara tua."
"Fate conto che le sono gia piaciuto", disse con aria soddisfatta il
fidanzato e ando all'appuntamento.
Arrivo. Si presentarono. Si sedettero a conversare. Si ricordo, il fidanzato, del consiglio dello sbadkhen e pertanto chiese alla fidanzata:
"Avete fratelli o sorelle?"
"No", rispose lei, "sono figlia unica, una bas-yekhida."
"Bene", penso il fidanzato, "il primo punto, grazie a Dio, e supe-
rato. Come passare ora abilmente a parlare d'amore?"
Pensateci su un poco, domando:
"Ditemi, per cortesia, amate le tagliateli con la zuppa di latte?" "No", rispose la fidanzata. "Non le posso proprio sopportare, le tagliatelle con la zuppa di latte."
H fidanzato, assai contento di se stesso, pensava: "E anche col secondo punto, sia lodato il ciclo, non me la sono cavata male. Non rimane che il discorso filosofico, ma questo proprio non mi preoccupa, perche le dimostrero di cosa sono capace". Dopo aver riflettuto a lungo le chiese:
"Ma se aveste avuto fratelli o sorelle, forse vi sarebbero piaciute le tagliatelle con la zuppa di latte?"
Non c'e da meravigliarsi se nell'atmosfera della soffocante regolamentazione del modo di vivere, come della maniera di pensare, tra gli ebrei sorgessero movimenti di protesta intellettuale. Cominciarono a comparire personaggi che si permettevano qualche disubbidienza nei confronti dell'ordine prestabilito dalla gerarchla religiosa. Anche se la loro protesta era blanda e innocua, venivano subito etichettati come "apikoyres" ("epicurei", cioe "i senza Dio").
Tuttavia alla barzelletta ebraica era permesso cio che era vieta-to all'ebreo osservante. Lo scherzo riuscito osava banalizzare gli atti di Dio e addirittura l'immagine di Dio stesso:
Favola 189: Disse Kolev Letz con un sospiro: "Mi fa pena Dio. Ha fatto bancarotta." "Reb Kolev! Spiegateci, cosa volete dire con questo?" "Semplicissimo. Quand'e che si fa bancarotta? Quando le uscite superano le entrate. QuaU sono le entrate di Dio? Le preghiere degli uomini, le buone azioni degli uomini e lo studio della Torah. Quali sono le sue uscite? La legna per riscaldare l'Inferno e bruciare i peccatori. Ci fu un tempo che Dio ebbe molte entrate e pochissime uscite, ma ora succede il contrario."
Favola 136: Un giorno Hershele Ostropoler scrisse a Dio una let-tera: "Sappi, Dio, che io, mia moglie e i miei figli, noi tutti stiamo morendo di fame". Mise la lettera in una busta, scrisse sulla busta "A Dio" e getto la lettera in strada. Accadde che un ricco uomo si trovasse a raccogliere la lettera e che, una volta letta, andasse da Hershele e gli dicesse:
"Ecco, tieni, Dio ti ha mandato per mio tramite questo biglietto da tre rubli!"
"Posso solo immaginare quanto Dio vi debba aver effettivamente dato, se solo la mia percentuale ammonta addirittura a tre rubli! "
Soltanto k critica irridente, rimanendo sulla terra franca dell'umorismo plateale, pur riuscendo a pungere, e pur attentando persino ai massimi valori di tutta la religione ebraica, come alla Torah, tuttavia sfuggiva agli anatemi:
Favola 359: Fu chiesto a un ateo perche si spaventasse durante un temporale del rumore del tuono e del baluginare dei fulmini. "Vedete", rispose quello, "quando il Signore Dio dette agli ebrei la Torah sul monte Sinai, lo fece con un accompagnamento di tuoni e di fulmini. Ecco perche ho paura. Sempre temo che Dio voglia darcene un'altra, di Torah".
C'era probabilmente da temere che la rivelazione di un nuovo Decalogo, con altrettanti severi divieti, potesse rendere ancora piu dura la vita pratica e spirituale della gente d'Israele!
Ridendo e scherzando, resta indubbio il fatto che verso l'inizio del XK secolo l'atmosfera storica dell'Impero russo fosse matura al punto di esigere dei cambiamenti; si avvertiva la voglia di riforme riguardanti i diritti umani, specie quelli degli ebrei, la liberta di spostamento (soprattutto per loro), la liberta di studio, di espressione... Ma le riforme legislative, promesse dal governo di Alessandro I, tardavano a prendere piede. Al loro posto arrivarono invece le riforme tutte interne all'ebraismo stesso.
Era nato il chassidismo. E non fu altro che un tentativo di trasformare l'immobile e rigido fanatismo ebraico. Il chassidismo fu una variante del protestantesimo ebraico, rappresentato dalla cor-rente dei seguaci del "sant'uomo" Israel ben Eliezer (1698-1760), soprannominato Baal Shem Tov, "D maestro del Nome Buono", e spesso citato sotto il nome acronimo Besht, diventato in seguito un noto personaggio folcloristico: un mago. Del Besht si narra in mol-te favole della presente raccolta, specialmente nella parte a lui dedicata. Le idee di Israel ben Eliezer contenevano una notevole dose di buon senso nel proporre la revisione del dogmatismo ebraico. Piuttosto di seguire ciecamente la ritualistica, si offriva l'esame della vita reale; piuttosto che alla memorizzazione dei precetti talmudici, si cercava di indirizzare le menti alla preghiera individuale; piuttosto del rabbino, guardiano della regola, appariva un nuovo mediatore tra l'uomo e il Ciclo, lo zaddik, il santo vivente capace di interpretare non solo la Torah, ma anche la vita.
La differenza tra chassidim e misnagidim (loro oppositori ortodossi) consisteva, prima di tutto, nell'umore: i non-chassidim vivevano nell'eterno timore di Dio rigoroso e austero, credendo che il Dio d'Israele fosse nemico di qualsiasi allegria e dello spirito lieto, e quindi negavano qualsiasi piacere in questa nostra vita mondana:
Favola 334: H rebe afferro la saliera e prese a salare abbondantemente il pesce... Allora il genero rivolse al suocero questa domanda: "Perche si sta rovinando un buon pesce?" "Perche", rispose quello, "non e dato a un pio ebreo di godere dei beni di questo mondo, e cosi gli ebrei si rovinano il proprio piacere salando abbondantemente questo appetitoso piatto di pesce. Pero, all'altro mondo, questo rendera loro di gran lunga di piu." "[...] sto calcolando", rispose il genero, "quanto sale e quanto pepe dovra versare il santo rebe sopra la moglie per non trame piacere su questa terra."
I chassidim, al contrario, effettuavano tutto con gioia, cantan-do, ballando con animo lieto, credendo nella parola dei loro zad-dikim che proclamava: il Dio d'Israele sta nella gioia e addirittura nelle allegre trincate. La preghiera chassidica si contraddistingueva per una certa festosita, un ottimismo che non si riscontrava nel-la parte dell'ebraismo passatista, cioe in quella dei misnagidim. Un bell'esempio di tale polemica, qui svolta dal narratore le cui simpatie vanno senza dubbio alla corrente misnagidica, e osservabile nella gia citata favola 338:
"Che cosa avete mai da vendere, reb yid?" Quello in risposta propose i suoi misnagidim: degli shokbet, dei soyfer, dei khazn. In una parola, ancor prima di arrivare nel proprio shtetl era riuscito a vendere tutto quello che aveva comprato ricavandone una bella sommerta.
[...] La seconda volta alla fiera, gli riservarono un vagone e lo riempirono di chassidim. E i viveri, quanti gliene sarebbero serviti? A dire il vero, sapeva quanto aveva speso per i viveri l'anno prima. Ma questa volta raddoppio la dose perche i chassidim son gente a cui mangiare piace. Per farla breve, caricarono tutto e partirono. In una stazione il mercante ando nel proprio vagone-merci a controllare cosa stesse facendo la sua merce e vide che i chas-sidim non la smettevano di mangiare, di bere e di giocare a carte. La faccenda non gli piacque affatto. Vide che i viveri stavano li li per finire, che le spese erano ingenti. In quel mentre il nostro mercante capi bene quale fosse la differenza tra i misnagidim e i chassidim: i misnagidim se ne stavano seduti tranquilli a studiare tutto il tempo la lorah, gli era indifferente cosa mangiare, tanto che ne potevano fare anche a meno, mentre i chassidim erano pie-ni di esigenze:
"Porta altra vodka! Porta altro cibo! Vogliamo anche le donne! ! " Vide, il mercante, che la faccenda aveva preso una brutta piega.
Il chassidismo si radico piu saldamente nelle regioni dell'Impe-ro che politicamente o culturalmente subivano l'influenza polac-ca: in parte per imitare la veemenza spirituale del fanatismo catto-lico dei polacchi, che riconosceva ai propri sacerdoti il dominio in tutte le sfere della vita pubblica e privata; in parte perche gli ebrei abitanti questi tenitori ne venivano cacciati brutalmente dalk po-polazione locale o relegati in una emarginazione quasi completa. Per lo strato istruito di questi ebrei non c'era forse altro conforto che lo studio della Sacra Scrittura. Gli strati piu vasti e meno colti, invece, cercavano di umanizzare la cieca ritualita, affiancando al lavoro intellettuale intenso anche l'immaginazione, il sentimento e la fantasia. Per trovare sbocchi alla realta piena di sofferenze, si ri-volgevano piu alla fede, fede vaga, brumosa e mistica, incline a rappresentare la divinita nelle forme mentali piu comprensibili e illustrative, che non all'esercizio del puro talmudismo dei dotti. I loro moderatori, gli zaddikim, si spacciavano anche per miracola-tori e taumaturghi. Alcuni di loro erano venerati al punto di essere sempre portati in braccio o in portantina dagli assistenti, di modo che non si abbassassero a calpestare la terra impura. L'attivita di questi zaddikim comunque non risparmiava all'osservatore alcuni risvolti spettacolari e comici (favola 215 e molte altre).
Nei territori ucraini, al contrario, la popolazione ebraica, es-sendo a contatto con la gente locale, non si orientava interamente verso un'intensa vita intcriore, non si fissava sulla riflessione, e pertanto non aveva bisogno ne di un forte legame diretto con il trascendente, ne di "aiutanti magici", quali erano gli zaddikim in Bielorussia e soprattutto in Lituania.
Sapendo questo, possiamo capire come mai le novelle dedicate ai chassidim e agli zaddikim, numerosissime all'interno della no-stra raccolta (parte IX, e altrove), sono cosi diverse nelle valutazio-ni e simpatie espresse, e descrivono i personaggi in una maniera totalmente disomogenea.
Non appena il chassidismo comincio a diffondersi nei vasti strati della popolazione degli shtetl, ecco che comparvero altri riformatori, questa volta nel seno stesso del chassidismo. Erano i cosiddetti khabadniki, seguaci del rebe Shneur Zalman di Ljady e poi dei rebe della dinastia Schneerson (a partire dalla fine del XVHI secolo). Inizialmente la setta si era formata in Russia nella piccola cittadina di Lubavic. Nel corso di due secoli questo ramo del chassidismo crebbe enormemente tanto che oggi abbraccia quasi tutto il mondo; il movimento dei lubavitcher ha il suo quar-tiere generale a New York. L'altro loro titolo, khabad (chabad) risale alla cabala, ed e un acronimo delle prime tre sefirot (saggezza, comprensione e sapere) dell'albero cabalistico. Motka Khabad, buffone scapestrato di alcune favole della parte VI, si presenta co-me un'audace parodia del sancta sanctorum dell'estasi spirituale.
Nello stesso periodo tra gli ebrei russi giungevano dalla Ger-mania i primi, ancorche deboli, barlumi dell'Illuminismo. Comin-ciarono a emergere le flebili voci dei primi civilizzatori intenti a portare nel seno della rigidita ebraica una nuova mentalita, col ri-strutturare il sistema dell'istruzione, imprimendovi tratti piu laici e sviluppandovi indirizzi piu pratici. H processo dell'"illuminazio-ne" (europeizzazione) deWyiddisbland prese il nome di Haskalah. Cosi si chiamava il movimento culturale ebraico di radici illumini-ste che rifiutava sia l'ortodossia rabbinica che il misticismo dei chassidim per riaffermare i caratteri originali dell'ebraismo. Diffu-so nelle comunita ebraiche europee dei secoli XVEU-XIX, fu un precursore del sionismo. Sul suolo russo i suoi frutti, forse non de-siderati dagli stessi padri spirituali, sono stati l'emancipazione e l'assimilazione di un enorme numero di ebrei, che gradualmente assunsero un'importanza cruciale per tutta la cultura politica e storica della Russia degli ultimi due secoli.
Il cammino trionfante della Haskalah in Russia venne sostenu-to da una speciale situazione plurilinguistica. Anche se tutti i bam-bini della comunita a partire dalla scuola elementare fino al rag-giungimento della loro eta matura, e spesso anche molto oltre, avevano l'obbligo di studiare la lingua antica ebraica, altrettanto dovevano fare con quella ucraina e russa; lingue queste usate co-me veicoli per i rapporti sociali. Inoltre, tra tutte le persone accul-turate era diffuso il tedesco, importante per i rapporti d'ordine commerciale. Finalmente, al di sopra di tutte le altre lingue, per importanza, troneggiava l'yiddish, che gradualmente comincio a uscire dagli stretti confini della marne lokshn (lingua della mam-ma), dello slang casereccio e femminile, per assumere il ruolo di portatore delle grandissime innovazioni sociali e culturali.
Nel dialetto yiddish, che si sviluppo sulla base dell'antico tede-sco, inglobando numerose espressioni ebraiche, polacche, ucraine, lituane e russe, si esprimeva un'enorme popolazione ebrea dell'Eu-ropa Orientale a partire dalla meta del Xin secolo fino al tragico sterminio degli ebrei europei nel corso del secondo conflitto mon-diale. In Russia la lingua yiddish divento un importante veicolo di civilizzazione: le donne ebree, le quali normalmente avevano una parte molto attiva nella vita economica, sociale e comunitaria, ma magari non avevano studiato a sufficienza la lingua ebraica scritta, leggevano l'yiddish con facilita. Queste donne imparavano quasi a memoria la Tzenerene (il Pentateuco in yiddish, arricchito da nu-merosi commenti e parabole midrashim). Episodi di queste letture sono bene illustrati dalle favole della nostra raccolta (favola 279).
La quantita dei libri moderni in yiddish aumento rapidamente a partire dagli anni Quaranta del XIX secolo. Il dogmatico "In-dex" dei libri proibiti, entro il quale il rabbuiato ortodosso ricac-ciava quasi tutta la cultura e il sapere mondiale, non tenne in con-siderazione l'editoria in yiddish, e grazie a questa negligenza la cultura mondiale fece la sua irruzione nei ghetti, cavalcando le edizioni economiche che le massaie compravano ogni venerdi mattina nei mercati regionali.
Letterati di chiara fama, che avevano usato fino ad allora l'anti-ca e ricca lingua ebraica, presero ad abbandonare consapevolmen-te questa vecchia arma e si misero a scrivere in yiddish in nome della Haskalah. I piu noti di loro in Russia si chiamavano: Aizik Dik, Mendele Mokher Sefarim, Solomon An-ski, e naturalmente il piu conosciuto di tutti: Shalom Aleichem, le cui opere sono pro-poste, tra l'altro, nella collana Tascabili Bompiani (Racconti della shtetl: scene di vita ebraica in un'Europa scomparsa, 2001).
Per numerosi narratori plurilingue, per quegli ebrei che viveva-no in Russia e girovagavano tra le due grandi culture nazionali co-me in un enorme giardino delle meraviglie, quali Peretz Smolen-sker, Lev Levanda, Osip Rabinovic, Grigorij Bogrov, la scelta del-la lingua rappresentava una presa di posizione o!i primaria impor-tanza. Si rendevano conto che se fossero passati interamente sul terreno dell'yiddish, non avrebbero potuto raggiungere tutti gli strati del pubblico. Quindi scrivevanp talvolta in antico ebraico, talvolta in yiddish a proposito dei problemi sociali all'ordine del giorno, trattando deUe riforme politiche auspicabili, della neces-sita di contrastare le tendenze misoneistiche del rabbinismo e del chassidismo, dell'attrazione che esercitava su ogni ebreo istruito la grande cultura russa.
L'ondata dei pogrom e la crociata giudeofoba degli anni '80 dell'Ottocento, sorta dopo l'attentato dell'I marzo 1881, di cui ri-mase vittima l'imperatore Alessandro II, mise gli intellettuali ebrei nella posizione di un'intensa nuova conflittualita interna ed ester-na. Ma a prescindere dall'umore politico, dalle paure e dall'avan-zamento della palestinofilia, poi sfociata nel sionismo, la lingua russa comunque divento la loro terza lingua di pari se non addirit-tura di maggiore importanza. Questo valeva per tutti coloro che volevano lavorare e produrre qualcosa, vivendo nell'Impero russo.
Negli ambienti della cosiddetta intellighenzia ebraico-russa, che ottenne all'inizio del XX secolo il permesso di vivere fuori della "zo-na di residenza", alcuni conservarono i costumi ebraici e la fedelta al giudaismo, e altri no; ma scrivevano in russo, e cosi nacquero le belle opere russe di Semen Vengerov, di Nikolaj Minskij (Vilenkin) su te-mi specificamente ebraici, e di Isaak Babel, celebre scrittore russo, su temi e soggetti vari, senza alcun particolare riferimento nazionale.
Le favole che compongono questo volume sono state raccolte mol-ti decenni fa da Efim Rajze(1904-1970), uno degli ultimi conoscitori del mondo variegato e pieno di vita degli ebrei dell'ex Impero russo.
Le fiabe registrate da Rajze sono comprese fra gli anni 1916 e 1966. Difficile immaginare che Rajze cominciasse U suo lavoro di studioso del folclore gia a dodici anni. Probabilmente annoto a posteriori i racconti che aveva memorizzato fin da piccolo.
Comunque la gran massa del lavoro di Rajze fa riferimento agli anni Trenta-Sessanta del secolo scorso. In questo periodo tra-gico per un intellettuale di origine ebraica la sorte non prevedeva tanti esiti allegri, in primo luogo perche gli intellettuali furono al-quanto invisi al regime staliniano e subirono gravi ingiustizie du-rante le purghe degli anni Trenta e Quaranta; per soprammercato, dopo la fine del secondo conflitto mondiale e fino alla meta degli anni Cinquanta, Stalin si mise in marcia, sulle orme del nazismo, contro gli ebrei sopravvissuti del suo impero.
A Rajze e toccato scontare tre gironi dell'inferno GULAG: 1929-31,1934-36,1948-55. Nel 1963 fu prosciolto e riabilitato.
Rajze apparteneva all'ultima generazione degli intellettuali di madrelingua yiddish. Capeggio il gruppo di ricerca della letteratu-ra ebraica classica ("Studi in onore di Chaim Nakhmann Bjalik"), e promosse la formazione del dipartimento ebraico presso il Mu-seo dell'etnografia dell'Unione Sovietica.
Rajze mori senza alcuna speranza di vedere stampate e pubbli-cate le favole da lui raccolte. I suoi appunti originali in yiddish so-no scomparsi, probabilmente distrutti dallo stesso curatore nel ti-more di essere incolpato come "nazionalista ebraico". E anche probabile che i testi fossero stati distrutti a suo tempo dai servizi segreti sovietici; non ci e dato sapere che fine abbiano fatto. Ma Rajze fece in tempo a tradurre il suo capolavoro in russo. Infatti, il testo russo e diventato l'originale del nostro libro di fiabe ebrai-che: parliamo di quel testo che, a giudicare dall'entusiasmo dei critici del suo Paese, venne accolto come un evento storico per l'attuale cultura russa.
La qualita dei testi e la loro buona elaborazione narrativa e ga-rantita dai nomi dei "donatori", di coloro che avevano fornito a Raj-ze il prezioso materiale. In realta di folcloristico in questa opera c'e solo il termine, spesso usato, di "favole", in quanto Rajze adoperava prevalentemente testi gia passati attraverso l'interpretazione creati-va di numerosi intellettuali, poeti e artisti.
Ecco i loro nomi e alcune notizie. Hers Oserovic (nato 1908, Lituania), poeta, detenuto nei lager staliniani negli anni 1949-1956, dal 1971 vive in Israele. David Hofstein (1889, Ucraina -1952), uno dei piu eminenti poeti ebrei. Vissuto in Palestina, tor-nato in patria, fece parte del Comitato Ebraico e fu fucilato come sionista assieme ad altri membri dello stesso Comitato durante le repressioni antisemite staliniane. lekhezkel Dobrusin (1883, Ucraina -1953), poeta, drammaturgo, critico, storico della lettera-tura e del folclore. Nel 1949 fu arrestato assieme ad altri membri del Comitato Ebraico e mori nel 1953 in un lager. Moisej Be-lenk'ij (nato 1910, Bielorussia), saggista e studioso della storia del-la religione. Pubblico una serie di libri (^ateismo e Che cos'e il Talmud), nei quali criticava l'ebraismo, partendo dalle posizioni del cosiddetto "ateismo scientifico". Paradossalmente i suoi libri, che contenevano forti attacchi alla religione, per lungo tempo ri-masero le uniche fonti che potessero, nel contesto sovietico russo, fornire informazioni sull'ebraismo; in essi, infatti, veniva riassunta la struttura e il contenuto del Talmud. Pur critico nei confronti dell'ebraismo, ciononostante fu messo in prigione negli anni 1949-1954 come "nazionalista ebraico". Dal 1991 vive in Israele.
Hanno collaborato con Rajze, inoltre, Chaim Lenskij (1905-1943), uno dei maggiori poeti di lingua ebraica del XX secolo, probabilmente ucciso in una colonia penale staliniana; Smuel Galkin (1897-1960), poeta che scriveva e traduceva (Puskin e Blok) in due lingue: ebraica e yiddish. Arrestato assieme a tutti gli altri membri del Comitato Ebraico, passo cinque anni nei lager staliniani (1950-1955).
Tanti altri personaggi della letteratura, dell'editoria, del teatro hanno collaborato, raccontando a Rajze le favole e le storielle e plasmandone la forma. Ci aggiungevano spesso elementi della fan-tasia puramente slava: streghe, fattucchiere, ombre, fantasmi, spi-riti maligni che arrivavano direttamente dal folclore ucraino e bie-lorusso, amalgamando il tutto, uscendo dagli stretti cliche del fol-clore e portando nei testi il brio e le sfumature personali.
Sono le loro voci che Rajze ha saputo riprodurre nel suo "canzo-niere". Sono loro che hanno creato queste descrizioni della vita quoti-diana con tanti particolari realistici, a volte meschini, e altrettanti momenti di comicita yiddish. E riconoscibilissimo questo umorismo al li-mite dell'assurdo. E lo stesso che ha trovato un incomparabile sfogo nella letteratura tanto amata nel nostro tempo, in romanzi e racconti di Philip Roth, di Chaim Potok, e nelle sceneggiature di Woody Allen, con la figura sempre presente della yiddish marna.
Il manoscritto di Rajze fu decifrato e pubblicato per k prima volta soltanto nel Duemila, nel dima di liberta di parola della Russia postco-munista. H lavoro enorme di trascrizione, sistemazione e commento fu svolto dall'esperto russo Valerif Dymsiz, che e anche autore della pre-fazione e delle note all'edizione russa. Al suo lavoro abbiamo spesso attinto circa i riferimenti, altrimenti introvabili; c'e da precisare che an-che Dymsiz attingeva alle note, sparse fra le carte, dello stesso Rajze, amalgamandole per creare un'opera omogenea.
L'enorme pregio di questa raccolta consiste nella presentazione sistematica del materiale. Molte storie, a giudizio degli specialisti, sono inedite e non si trovano nelle altre antologie.
Quasi tutte le favole della raccolta provengono dai manoscritti di Rajze. 11 curatore russo del codice, Valerij Dymsiz, ha pero de-ciso di completare il palinsesto e ha introdotto pochi testi (le fav. 1,9,21,32 e 79), dopo averli tradotti da altrettante autorevoli edi-zioni del folclore ebraico yiddish.
La favola 1, "La straordinaria storia... ", gli sembro necessaria in quanto rappresenta un vero compendio dei motivi della fiaba magi-ca, con tutti gli elementi morfologici che Vladimir Propp includeva nel suo celebre libro sulle fiabe, in concomitanza con molti motivi didattici, e con elementi delle prediche. Dymsiz l'ha estrapolata dalla raccolta curata da S. Zfasmann, favole ebraiche popolari del-l'Europa Orientale, edita a Gerusalemme nel 1991 in lingua yid-dish. Gli sembrarono altrettanto indispensabili, al punto da ag-giungerle nel codice di Rajze, anche le favole 9, con la Malasorte che si presenta nella figura dell'oca, e la 79, "I bambini e l'orso", ri-cavate dalla stessa raccolta di Zfasmann. Nel caso della favola 32, "Le leggende di Mezhbuzh", la favola "cooptata" serve in quanto valido commento al ciclo chassidico. Dymsiz ha trovato questo te-sto nella raccolta curata da Rechtman, ^etnografia ebraica e il fol-clore, Buenos Aires, 1958, e ha deciso di includerlo nel suo libro.
Potrebbe apparire illogica una tale inclusione nel corpo com-posto da Rajze di cinque testi estranei, ma visto che il nostro origi-nale e costruito come un restauro del testo scomparso, noi abbiamo considerato il codice edito dalla casa editrice "Simposium" come il modello canonico.
Tutto il materiale e diviso in blocchi tematici. All'inizio di ogni sezione c'e un piccolo preambolo redatto dalla curatrice. Per que-ste premesse sono stati rielaborati prevalentemente i dati che si tro-vano nei commenti di Valerij Dymsiz, creati, come precisa lui stes-so, in base alle informazioni reperite nell'archivio di Efim Rajze.
Le poche note a pie di pagina sono ricavate dai commenti all'e-dizione russa.
Un ringraziamento particolare a Laura Quercioli Mincer, che ha revisionato la trascrizione e la spiegazione dei termini yiddish sia nel testo che nel glossario.
Queste favole sono di epoca piuttosto recente. Non si adattano troppo al concetto di "folclore" che ha la cultura romantica euro-pea. Non sono state create in un ambiente contadino, ma da citta-dini, da persone che sapevano leggere e avevano sottomano fonti scritte di qualsiasi genere: ora le Sacre Scritture in ebraico, conte-nenti migliaia di parabole filosofiche midrashim, ora libri popola-ri, scritti per passatempo, in ebraico e in yiddish.
Sono dunque delle favole inventate per essere raccontate dai nonni ai nipoti nelle "case di preghiera", negli intervalli tra il servizio diurno e serale; dalle madri ai figli prima del calare del sabato sera; dai vetturi-ni balagole ai propri passeggeri; dai buffoni badkhonim agli ospiti dei matrimoni; dagli zaddikim ai loro chassidim; dai magidim, predicatori itineranti, a tutti quelli che venivano a sentire i loro sermoni. Recente-mente sono state riproposte dagli intellettuali, che adorano, sopra ogni altra cosa, k buona narrativa ebraica e russa.
Seppur create con lo spirito della tradizione, queste favole sono state raccontate e trascritte con uno spirito scientifico. Non docu-mentano quindi solo il passato, ma riflettono la nascita di una fat-tualita nuova, in cui tracce della vecchia sapienza ebraica diventano elementi di una nuova letteratura, di un'inedita, particolare menta-lita. Le potenti trasfigurazioni simbolico-mitiche di cui sono ricche le opere dello scrittore in yiddish, laureato col premio Nobel, Isaac Bashevis Singer, o di altri autori di lingua inglese (Henry Roth), te-desca (Martin Buber) e russa, sono le stesse che troviamo nei moti-vi onirici delle opere pittoriche e grafiche di un Mare Chagall. Deri-vano a tutt'oggi da immagini suggerite da favole fantastiche, basate sulle antiche parabole e profonde come la loro storia.