Adkronos, 7 March 2025 - Review of "Kyiv. A fortress over the abyss" by Simona Poidomani 

Ucraina, una famiglia e tre guerre, nella Kyiv di Kostioukovitch "la storia sbatte la testa sui gradini"


07 marzo 2025 | 16.57
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Una famiglia. Cinque generazioni. Una città, Kyiv. Un racconto che segue i personaggi nelle strade, fra i palazzi, i monumenti e i disegni di chiese distrutte, nel loro intreccio con la storia, le occupazioni e persecuzioni, lungo il processo di definizione dell'identità nazionale, sempre contrastato da Mosca attraverso varie forme di dominio, incluso quello della lingua. "Kyiv. Una fortezza sopra l'abisso" che Elena Kostioukovitch, autrice e personaggio del libro, ha appena pubblicato con La Nave di Teseo è saggio, autobiografia, e anche cronaca, pamphlet, avvincente romanzo poliziesco, romanzo di formazione, personale e di un Paese, storia di una lingua e del passaggio tra una lingua e un'altra, avvenuto, nel caso dell'ucraino, con una accelerazione impressa dalla "spettacolare jam session" del Maidan nel 2014 e dalla guerra iniziata otto anni più tardi.
 
Il "gioco del mondo" - nove quadrati disposti a file di tre disegnato sul marciapiede di fronte alla casa in cui l'autrice è nata e ha abitato da piccola- innesca la vertigine di cui era maestro Umberto Eco, che Kostioukovitch ha tradotto in russo, a partire da "Il nome della rosa" in samizdat prima che la pubblicazione del libro fosse autorizzata in Unione sovietica.
 
Kostioukovitch salta da un'epoca all'altra e nella città, facendo avanti e indietro fra bisnonni - tre uccisi nello stesso modo, con un proiettile alla nuca, uno dagli aguzzini di Stalin gli altri due da quelli di Hitler nelle fosse di Babyn Yar- il nonno Leonid Volynsky e la nonna Yara, diplomata in pianoforte al conservatorio e ingegnere che nell'agosto del 1941 riesce a prendere uno degli ultimi treni in partenza da Kyiv, salvandosi con la figlia Vera, mamma dell'autrice, e la suocera, Liza, dai nazisti che entreranno indisturbati in città pochi giorni dopo. Nel suo girovagare per la città, incontra fra gli altri, "quando la storia dell'indipendenza dell'Ucraina incominciava appena a intravedersi", l'imperatrice Maria Feodorovna, che dal Palazzo Mariinsky - ora residenza del Presidente - cerca di impedire al figlio, lo zar Nicola II, di abdicare e Mikhail Bulgakov, il cui uso imperiale della lingua russa l'autrice smaschera.
 

"La storia rotola giù per i secoli, sbattendo la testa sui gradini. Portali e architravi antichi, vetri multicolori e altalene per bambini volteggiano nell'aria con fragore alla luce abbagliante degli incendi. Saltano abitudini e tradizioni, saltano gli equilibri della politica, vanno a farsi benedire i confini tra il normale e l'impossibile. Il mondo non torna più come prima", scrive Kostioukovitch nel prologo.

Ci sono in Kyiv anche l'autrice da piccola, quando ancora viveva in città, nell'appartamento che la famiglia abitava da tempo, prima di trasferirsi a Mosca e poi a Milano, dove dal 1987 vive e lavora, come traduttrice, autrice e agente letteraria. E la figlia di una donna immaginata che vi si era trasferita in seguito. Che ci viveva nel momento in cui inizia l'invasione russa il 24 febbraio del 2022, e che muore accasciata di fronte all'ingresso, proprio sul gioco del mondo, due giorni dopo, per le ferite riportate in una esplosione. "Come avrebbe potuto accadere a mia madre Vera, a mia figlia o a me".

I tre quadrati che rappresentano altrettante epoche, la prima guerra mondiale e gli anni dell'indipendenza, la seconda guerra mondiale e la terza guerra, sono declinati nella città in un intreccio vorticoso che ridà senso alla cronaca con cui tutti sono chiamati a fare i conti dal 2014, ogni giorno dal febbraio del 2022, ma che rischia oramai, se non accompagnata, di lasciare il posto a narrative prive di fondamento.

L'inizio è la parola. Una bambina di dieci anni che, in Unione sovietica negli anni Sessanta, ascolta il nonno. Al parco che aveva allora il nome del generale Nikolai Vatutin, Volynsky "condivise con me alcuni fatti del suo passato e iniziò a instillarmi il senso della storia e l'abitudine a non fidarmi delle versioni ufficiali".

Per compiacere Stalin e il suo desiderio di riprendere il controllo di Kyiv entro l'anniversario della Rivoluzione di ottobre, il 7 novembre del 1943, fra la fine di ottobre e l'inizio di novembre di quell'anno, Vatutin aveva ordinato a 50mila soldati di attraversare il fiume in piena sotto il fuoco delle mitragliatrici tedesche. Nella forzatura del Dnipro, "cinquantamila persone sono entrate, tra le sei e le diecimila sono uscite sulla riva opposta". Solo in occasione dell'anniversario dell'inizio di un'altra guerra, nel febbraio del 2023, il "generale sanguinario (la statua di Vatutin, ndr) è stato finalmente rimosso dal parco della mia infanzia". "Chi si aspettava che la guerra condotta proprio in questo modo si sarebbe ripetuta dopo il 2022 da parte dell'esercito russo di Putin? Dopo tutto i fatti di Bakhmut, Avdiyvka e Marynka sembrano essere veramente una rievocazione teatrale dell'attraversamento del Dnipro nel 1943".

Esclusa a lungo dalle versioni ufficiali anche la tragedia delle truppe sovietiche abbandonate dai loro comandanti e dal loro governo nella 'sacca di Kyiv' nell'estate del 1941, dopo l'inizio dell'invasione nazista dell'Ucraina, con un milione di soldati sovietici che "finirono nella trappola", fra cui lo stesso Volynsky.

Lo scenografo, pittore e storico dell'arte, parente di 'nemici del popolo' ed ex prigioniero di guerra, miracolosamente reintegrato nelle forze militari sovietiche quando, a chi era rimasto intrappolato nel territorio lasciato ai nazisti, erano invece riservati il gulag o la fucilazione, l'autore nel maggio del 1945 del recupero della 'Madonna Sistina' di Raffaello nascosto dai soldati del Reich, parla alla nipote Elena, che è piccola ma capisce quello che non si poteva ancora dire (e di cui in Russia di nuovo si fa fatica a parlare). "Quel giorno, sulla terrazza panoramica, ho ascoltato con attenzione, avvertendo che la sua idea era quella di trasmettermi qualcosa di proibito e pericoloso in quella nostra Urss che obbligava tutti a vivere con la bocca cucita e le orecchie tappate". "Ancora negli anni Sessanta nell'Urss non si poteva parlare di prigionia tedesca".

"Le storie di Kyiv, la città in cui sono nata, sono storie drammatiche. Se guardo all'indietro per collegare la situazione odierna con il passato, sulla base di libri e documenti, usando le storie della mia famiglia, mi rendo conto che il passaggio da un'epoca all'altra può essere rappresentato in alcuni luoghi di Kyiv come su un palcoscenico teatrale. Sarà sempre illuminato da luci grandiose e fanali. Forse ci sarà più di una esplosione", scrive Kostioukovitch.

Lo squarcio primario della verità ufficiale ne innesca molti altri. La storia prosegue con il bisnonno Hersh Konstantinovsky, che già abitava in quella stessa casa di Kyiv, ingegnere ferroviario, ma vittima del terrore staliniano che lo accusa di aver di proposito boicottato la manutenzione delle strutture edili in modo da farle crollare, invece "rimaste in piedi fino all'invasione della Federazione Russa in Ucraina". Di Konstantinovsky è stato possibile ricostruire la storia. Perché in Ucraina sono stati gradualmente riaperti gli archivi che invece in Russia sono ancora chiusi ai ricercatori. E' stato così possibile per Kostioukovitch, tornata a Kyiv dopo una assenza di decenni, richiedere il fascicolo del bisnonno e apprendere, nel 2017, che era stato fucilato il 16 febbraio del 1938 alle 24, due mesi dopo l'arresto, il 31 dicembre del 1937, e riabilitato nel 1957. Pinzato al foglio con la firma del capo del plotone di esecuzione, il divieto di diffondere, anche dopo la riabilitazione, "la data corretta e le circostanze della morte dell'imputato".

In Kyiv si parla anche di Bulgakov e dei personaggi reali che hanno ispirato i suoi racconti, di come lo scrittore, figlio di un insegnante di storia della religiose ortodossa originario della provincia russa e trasferito nella città in cui fu respinto dalle élite locali, li abbia trasfigurati per replicare la cultura, ma soprattutto la lingua russa pura, dominante sull'ucraino. La storia di Bulgakov incrocia quella di Volynsky che, insieme all'amico di famiglia Viktor Nekrasov, negli anni Sessanta scoprì la casa kyiviana dello scrittore, ora meta di pellegrinaggio, e inizia a ricostruirne la storia ucraina, fermandosi prima di arrivare alla verità, impronunciabile in quel periodo, dell'arresto e dell'uccisione nel 1919 da parte dei bolscevichi di Vasyl Listovnichy, intellettuale ucraino pesantemente maltrattato da Bulgakov nella sua opera. "E' paradossale (e la cosa provoca in me un misto di sconforto e di rabbia) che sia stato proprio Bulgakov, con "La guardia bianca" a legittimare l'atteggiamento di disgusto e disprezzo dei russofoni nei confronti di tutto ciò che aveva a che fare con la lingua ucraina".

"Il famoso XX Congresso riconobbe che Stalin era un boia e un bandito - bene; ma ciò che riguardava la lotta dei sostenitori dello stato nazione ucraino rimaneva coperto dai sette sigilli, non poteva essere nominato e non importava che ci fosse il 'disgelo' o meno", sottolinea l'autrice. La recente ricostruzione della storia di Bulgakov da parte della studiosa Oksana Zabuzhko "è riuscita a stravolgere le mie idee su molte cose: su Listovnichy, su Mikhail Bulgakov come uomo e scrittore e, più in generale su tutto l'ambiente culturale in cui sono nata e cresciuta, quello dell'intelligenzia russofona di Kyiv", racconta Kostioukovitch, che in famiglia ha sempre parlato russo e ha iniziato, lei linguista, a studiare e parlare l'ucraino solo nel 2014.

"All'inizio del ventesimo secolo, durante il periodo dell'Ucraina libera e indipendente (1917-1920), il comportamento dell'élite russofona di Kyiv ha indebolito l'Ucraina, e la leadership del Paese ha dovuto arrendersi ai russi. Per i settant'anni in cui l'Ucraina ha fatto parte dell'Urss, l'intera élite dell'Ucraina sovietica si è formata isolandosi dalla lingua ucraina e guardando dalla parte della Russia. E della cultura russa. Costituendo, in sostanza una perfetta piattaforma per il Russky Mir. E' da questo che la propaganda russa ha attinto per le sue azioni aggressive". Ma ora, sono sempre di meno le persone che in Ucraina parlano solo russo.

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