Huffington Post Italia, 21 February 2024 - "For the freedom of Kara Murza" by Tatiana Yankelevich
Per la libertà di Kara Murza. Per la loro libertà, che è anche la nostra (di T. Yankelevich)
(di Tatiana Yankelevich, ex direttrice dell'Andrei Sakharov Human Rights Program di Harvard, sede dell'Archivio Andrei Sakharov. Figlia adottiva di Andrei Sakharov (1921-1989), fisico, umanista e premio Nobel per la pace nel 1975. L'articolo è stato scritto il 30 gennaio 2024. Traduzione di Elena Kostioukovitch)
Fino all'ultimo momento dell'udienza del mio amico Vladimir Kara Murza a Mosca, in Russia, ho nutrito la speranza che la sua crudele e illegale condanna potesse essere evitata. Oggi questa fragile speranza non c'è più. Dopo una serie di sparizioni programmate (ricordiamo quelle di Alexey Navalny?), oggi, il 30 gennaio 2024, Kara Murza, come annuncia il suo avvocato Prokhorov, è stato spostato nella famigerata Colonia di "tortura" n. 7. Un verdetto draconiano e infinitamente stalinista di venticinque anni di reclusione, un quarto di secolo, è stato timbrato da un uomo non degno della toga che porta. Ma non ci sono solo un pubblico ministero assetato di sangue e un giudice vendicativo dietro questo verdetto cannibale; è l'intero regime che lavora duramente per sterminare tutto ciò che ancora equivale alla coscienza, l’onore e il senso civico. Per sterminare tutto ciò che è ancora vivo in Russia: sia esso la Società Memorial, il Centro Sacharov o un singolo essere umano che si rifiuta di tenere la bocca tappata.
È uscito un importante articolo del New York Times su Evan Gershkovich, il giornalista del Wall Street Journal arrestato nel marzo 2023 la cui detenzione, illegale anche per la legge russa, è stata appena prorogata fino al marzo 2024. Evan è detenuto nella famigerata prigione Lefortovo di Mosca come ostaggio dell'aggressione russa in Ucraina. Detenuto nella famigerata prigione Lefortovo di Mosca come ostaggio dell'aggressione russa in Ucraina. Mi ha particolarmente commosso sapere che in prigione Gershkovich stesse leggendo "Vita e destino" di Vasilij Grossman. “Vita e destino” è considerato da molti in Russia e in tutto il mondo il “Guerra e pace” del XX secolo. È stato scritto nel 1959, ma pubblicato solo negli anni Settanta in Europa, dopo che i miei genitori hanno aiutato a “contrabbandare” il manoscritto all’Occidente.
Quanto vorrei che fosse letto da un maggior numero di persone ancora libere in Occidente e altrove, per aiutarle a comprendere la natura del totalitarismo e prepararle a opporsi alla Russia post-sovietica di Vladimir Putin!
Oggi siamo testimoni di vari crimini contro l'umanità che il regime neostalinista di Putin sta commettendo sia in Ucraina sia in tutta la Russia. Dovremmo forse guardare altrove e sottrarci alla nostra responsabilità civica, come hanno fatto molti nel mondo libero mentre la Germania nazista sterminava ebrei, gay, rom e altri "degenerati" indesiderabili? Mentre Stalin affamava a morte i contadini dell'Unione Sovietica in genere e dell’Ucraina in particolare? O compiva sanguinosi atti di terrore di massa?
L’idea potrebbe tentarci, potrebbe farci comodo decidere che sono cose che non ci riguardano… Non possiamo assolutamente permetterci questo lusso.
Oggi ricordo quasi con nostalgia gli anni '70 e '80, quando il destino dei miei genitori e di molti amici dipendeva dalle decisioni del Politburo del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Per quanto abietto e illegale potesse essere, il trattamento sovietico dei dissidenti politici nell’era di Brezhnev non era così crudele e sadico come quello sfacciatamente esercitato dal sistema giudiziario e dalle forze dell'ordine dell'odierno regime russo.
Oggi a parlare con forza in difesa di Kara Murza sono i suoi colleghi più stretti, i giornalisti russi indipendenti, la cui vita potrebbe essere anch'essa in bilico; a maggior ragione i casi di Gershkovich e di Vladimir Kara Murza, che ha contribuito spesso come editorialista al Washington Post, mi fanno riflettere sul ruolo dei loro colleghi famosi che lavorano nei principali quotidiani occidentali. Il WP ha sostenuto con fermezza Kara Murza, dedicandogli un'intera pagina nell'edizione del 9 aprile 2023; altri giornali hanno pubblicato editoriali contro la persecuzione sua e di Gershkovich. Tuttavia, mi piacerebbe tanto trovare sulle pagine della stampa mondiale qualcosa di più di qualche sporadica espressione di protesta.
Ciò che questi giornalisti arrestati hanno subito, ciò che viene fatto loro in prigione e nei penitenziari, è ingiustificato e spaventoso. È poco probabile che Kara Murza riesca a sopravvivere alla sua condanna draconiana e neostalinista a 25 anni di carcere. Lo stesso vale per altri personaggi pubblici arrestati. Il politico Ilya Yashin e il giornalista Ivan Safronov sono stati recentemente condannati rispettivamente a otto anni e mezzo e a 22 anni. La stessa sorte toccherà ad altre persone meno conosciute, ma comunque coraggiose che si oppongono alle bugie e alla propaganda ufficiali.
Nella Russia di Putin i giornalisti non vengono solo perseguitati e imprigionati, ma anche uccisi. Chi non ricorda il nome di Anna Politkovskaja? In circostanze simili persero la vita Pavel Gongadze, Paul Khlebnikov e Vlad Listyev, e Yuri Shchekochikhin, mio buon amico e compagno di corso di giornalismo dell'Università di Mosca? Yuri è stato vittima dell’uso sperimentale di un nuovo veleno di tipo militare, similare al Novichok usato contro Aleksej Navalnyj. Se i loro nomi spariranno dalla nostra memoria, significherà che Putin potrà farla franca con qualsiasi cosa.
Perché sto scrivendo tutto questo, mi chiedo. Forse il motivo risiede nella mia esperienza personale negli anni Ottanta. I miei genitori, l'accademico Andrej Sacharov e sua moglie Elena Bonner, furono esiliati a Gorky e praticamente tagliati fuori dal mondo. Che però non si fece "tagliare fuori"! Editoriali, pubblicazioni, rubriche: un’infinità ogni giorno richiamavano l'attenzione dell'opinione pubblica sulla sorte dei miei genitori. E quei due vecchietti in cattive condizioni di salute, confinati in una cittadina sperduta dell'Unione Sovietica, luogo del loro brutale e illegale esilio, sentivano il costante sostegno di colleghi, familiari e, non a caso, giornalisti occidentali affamati di informazioni sulle ingiustizie e persecuzioni politiche nel mondo.
La prima a seguire il caso dell’esilio dei Sacharov fu Meg Greenfield, la grande, coraggiosa e acuta editorialista del WP. E oltre a esserle infinitamente grata per tutto ciò che ha fatto per appoggiare e sostenere i miei genitori, c'è qualcosa di ancora più importante per me, personalmente. Gli editoriali di Meg Greenfield mi hanno aiutato a capire la natura stessa della stampa libera occidentale. La cui missione è fornire una copertura imparziale e priva di pregiudizi degli eventi mondiali; è attirare l'attenzione del pubblico sulle questioni vitali del momento; è difendere i nostri valori, il nostro quadro di riferimento morale.
I vertici della società libera non possono permettersi il lusso di ignorare la preoccupante realtà che ci circonda. Noi non viviamo in una Russia autoritaria! Noi possiamo e dobbiamo spingere ad agire coloro che ne hanno la facoltà. Così ha fatto Vladimir Kara Murza, quando ha ottenuto un sostegno bipartisan a Capitol Hill per la legge Magnitsky.
Ora sta a noi lavorare allo stesso modo per difendere lui, Evan Gershkovich e tanti altri.
Quando penso alle condizioni di salute di Vladimir, al fatto che la sua vita è in pericolo dopo due avvelenamenti e che gli viene negato ogni contatto con sua moglie e i suoi figli, rabbrividisco al pensiero di quanto in basso possiamo cadere permettendo che questo crimine contro l'umanità continui.
Oggi sono soprattutto i suoi colleghi russi e i giornalisti russi indipendenti ad alzare le loro voci in difesa di Kara-Murza. E noi? Dovremmo forse restare in disparte?
Il trattamento riservato ai giornalisti arrestati è ingiustificabile e spaventoso. È altamente improbabile che Kara Murza sopravviva a una condanna, lo ripeto, draconiana e neostalinista a 25 anni di carcere. Ogni giorno che passa, questo verdetto cannibale assomiglia sempre più a una condanna a morte.
Gli editoriali occasionali non bastano.
Faccio, dunque, appello ai colleghi occidentali di Vladimir Kara Murza, ai suoi compagni d'armi e alla stampa globale: fate in modo che i potenti di Washington, Londra, Roma e delle altre capitali occidentali agiscano! Prendete posizione e contribuite a salvare le vite di coloro che lottano per la libertà di parola. Di chi lotta per la propria libertà, che poi è la vostra e la nostra.
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