Letteratura russa: il fantastico, le donne, i ricordi
Come vuole una moda piuttosto diffusa, anche nell'ambito russo oggi si ricercano opere che raccontino di mondi visionari, misticheggianti. Opere fantastiche in questo senso devono basarsi sull'opposizione tra il fantastico e il reale; ci deve essere un mondo raddoppiato, un lato del quale e inteso come reale e l'altro viene modellato dall'artista in opposizione con il primo.
I mille mondi fantastici della letteratura russa
Ma a volte il termine "fantastico" e interpretato in senso piu ampio, cioe come metodo basato su qualche evidente dettaglio convenzionale. Una tale dilatazione del campo permette di includervi vari generi del folclore e della letteratura, come favola, epos, allegoria, leggenda, grottesco, utopia, satira. Tale approccio puo essere applicato alle opere della letteratura medievale, alle opere di Cervantes e Rabelais, alla trattatistica filosofica francese (d la Micromegas di Voltaire) e alla novellistica del romanticismo tedesco. Un gruppo di fenomeni talmente esteso difficilmente puo essere visto pero come un insieme ben coeso.
E pero significativo che un catalogatore acuto come Jorge Luis Borges, componendo Racconti russi fantastici, si riferisca al secondo, vasto concetto del fantastico, e includa nella sua raccolta la Morte di Ivan Il'ic di Lev Tolstoj, dove l'elemento piu fantastico consiste nell'ammissione che un uomo puo
morire. Anche dalla editrice "e/o" Tolstoj viene visto come autore di fiction fantastico, come dimostra il volumetto // diavolo e altri racconti.
I Racconti fantastici russi a cura di Cario Zappi, la Diavoleria. Racconti russi di magia (opere scelte di Aleksej Remizov) e Racconti fantastici di Turghenev, a cura di Gian Luigi Giacone, sono raggnippati in base al secondo criterio. Naturalmente, alcuni dei testi raccolti contengono vere e proprie premesse magiche. Non in tutti i racconti del libro di Turghenev si trovano motivi di magia, ma sicuramente emergono nella novella principale, // canto dell'amar trionfante. Qui, nell'atmosfera di un pasticcio italiano ambientato nella Ferrara rinascimentale, un negromante malese aiuta il protagonista a riprendersi la donna amata mediante il ricorso a sortilegi e melodie misteriose. Identico e il soggetto di // conte di Cagliostro di Aleksej Tolstoj, in cui l'influsso di Turghenev, oltreche stilistico e verbale, si avverte soprattutto nella scenografia, ideata da una fantasia che propende per il macabro: un'atmosfera di malefizio, torbida, inquietante, tra i vialetti del vecchio parco resi spettrali dai "vapori della luna".
Vladimir Odoevskij, autore di Fiabe variopinte, coltivo un progetto di enorme portata filosofica e morale, quello di riprodurre in Russia lo stile delle novelle fantastiche di Hoffmann. Era il maggiore esponente, nel campo della narrativa, del romanticismo filosofico russo; eppure, un certo modo di appuntare la propria attenzione su determinati problemi di costume, di educazione e morale pubblica, e un certo tono pedantesco rivelano in lui un legame ancora stretto con la cultura illuministica. Vittorio Strada rileva nel suo saggio La questione russa (Venezia, 1991) che questo fenomeno non riguarda solo Odoevskij, ma contrassegna in generale lo sviluppo dell'intero pensiero ottocentesco russo, poiche l'illuminismo "fondendosi con le nuove tendenze positiviste e risentendo delle tendenze filosofiche antitetiche dell'idealismo tedesco", e parte integrante del movimento di pensiero che "attraverso una visione comparativa dello sviluppo occidentale e russo, progetta per la Russia una particolare via di sviluppo, diversa da quella europea..."
Il maggior peso del compito didattico nel ciclo Fiabe variopinte cade sulla figura del narratore, la quale nella tradizione russa aveva gia numerosi ed illustri precedenti (parliamo dei narratori di Racconti diBelkin di Puskin e delle Veglie alla fattoria di Dikan'ka di Gogol'). Ma Gomoseiko, personaggio narratore delle fiabe di Odoevskij, si differenzia da loro, perche con le sue massime filosofiche apertamente cerca di influenzare l'interpretazione morale del racconto, e, come sottolinea la curatrice del volume, ha il predecessore piu diretto nel Sosia di Pogorelskij (compreso nell'antologia curata da Zappi).
Come dimostrano i loro piu recenti cataloghi, gli editori oggi cercano di accostare al fantastico, inteso nel senso piu ampio, un altro genere: la stilizzazione galante, che era molto in voga nel primo scorcio di questo secolo, quando per far rinascere il mistico secolo XVIII operavano le migliori riviste per esteti pietroburghesi, come "Apollon" e "Zolotoe Runo", erano impegnati Sadovskoj e Auslender in letteratura, BorisovMusatov e Somov nella pittura. Nel 1919 usci a Pietrogrado il libro La prodigiosa vita di Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro di Michail Kuzmin (noi lo vediamo tradotto e pubblicato nella stessa collana della casa editrice Sellerie dove appare anche // Conte di Cagliostro di Aleksej Tolstoj). Influenzato dalle dottrine orfiche e da Piotino, Kuzmin vede Cagliostro come una figura tragica, sempre in distonia con il mondo circostante. "A lui fu concessa la ragione, la forza e il libero arbitrio [...] Invece di una stella scintil
lante, e volato in ciclo un razzo, ed ori fumiga, spegnendosi lentamente al suolo...". A fronte di questo Cagliostro sofferente di Kuzmin il Conte Foenlx di Tolstoj non e che una caricatura, un personaggio da farsa.
La sorprendente standardizzazione delle idee editoriali e ben illustrata dal caso dei romanzi di Michail Kuzmin Le avventure di Aime Leboeuf 'e // Viaggio di Sir John Fairfax in Turchia ed in altri straordinari paesi. Chissa come mai queste opere, quasi sconosciute in patria, e sicuramente non le piu caratteristiche del momento attuale della cultura russa, diventano, recentemente, oggetto di interesse addirittura di tre case editrici italiane, e appaiano in tre traduzioni diverse: a cura di Anastasia Pasquinelli (Brescia, L'Obliquo); a cura di Paola Ferretti (Palermo, Sellerio) e a cura di Daniela Di Sora e Sergio Trombetta (Roma, Biblioteca del Vascello): un confronto quasi da laboratorio per uno studio ipotetico dei problemi della traduzione letteraria, tanto piu che l'originale russo si spaccia per un testo "tradotto" dalla lingua francese.
Era rigorosamente francese il piccolo mondo di stilizzazioni inventato da letterati e artisti del circolo "Mir Iskusstva", dalla cui stilistica successivamente nacquero le scenografie dei "Ballets Russes". Ma in fondo questo mondo non e tanto radicato nella cultura occidentale, in particolare in quella francese del XVIII secolo, quanto nella ricezione russa della medesima cultura: e basilare per gli ulteriori stilizzatori non la Francia stessa, ma la Francia raccontata da Puskin, non la lingua francese vera e propria, ma il francese rivestito dallo stesso Puskin in costume russo. Conseguentemente le loro opere diventano stilizzazioni della stilizzazione, sotto un segno della sperimentazione culturale libera e divertente, il che si avverte magistralmente nella maniera elegante di Michail Kuzmin. Tra le tre edizioni, si fa notare soprattutto quella dell'Obliquo: traduzione impeccabile, edizione di lusso su carta ruvida che quasi invita a prendere sul serio questa parodia del romanzo libertino francese con peripezie, fughe e intrighi amorosi, completamente conforme allo snobismo sublime dell'autore.
Il fantastico nella letteratura sovietica ha una faccia tutta diversa. Il libro per ragazzi di Jurij Tomin, Magie a Leningrado (1963), apparso da Sellerio, nella collana che ospita molte opere fantastiche, rappresenta la versione sovieticizzata della "Lampada di Aladino''. Curioso che negli stessi anni venne scritto un altro libro per l'infanzia su soggetto analogo, // Vecchio Chottabych di L. Laghin; e in Polonia occupa un posto simile la famosa Perlina azzurra di Maria Kruegher (1965). Fiabe dunque sugli oggetti magici che, toccati o strofinati, sono in grado di far lavorare tutte le smisurate forze occulte per il progresso e la giustizia sociale in tutto il mondo: perche nascevano a grappoli questi soggetti, cos'erano, una particolare reazione della psicologia collettiva nell'epoca dei primi razzi spaziali, nel tempo della mitizzazione delle tecnologie?
Magie a Leningrado e un classico libro per piccoli leninisti, melenso e falso fino all'ultima virgola, che ci porta in un mondo quasi perfetto: standard bonario di un cartone animato propagandista. E un libro pieno di particolari reali, nessuno dei quali regge la prova della verita: insomma, fornisce materiale prezioso per uno studio della mentalita sovietica. Non si sa se questa era veramente l'intenzione dei curatori della collana della Sellerio.
Un mondo alternativo, immaginario viene descritto anche da Aleksandr Bogdanov nella sua antiutopica Stella rossa, edito dalla stessa Sellerio. Pero qui c'e una bellissima postfazione, "Un rivoluzionario senza desiderio", di Giovanni Maniscalco Basile, che aiuta ad interpretare questo libro insolito. Bogdanov era famoso nella Russia dell'inizio del secolo come illustre teorico della conoscenza, era proprio lui il famoso avversario di Lenin nella sua maggiore opera filosofica Materialismo ed empiriocriticismo. Economista, sociologo, naturalista, filosofo, critico d'arte, psicologo, medico, Bogdanov mori nel 1928, tentando su di se un esperimento clinico (una forma di suicidio sofisticato, commesso prima dal protagonista del suo libro, poi da se stesso). La sua antiutopia appare nel 1906. Il titolo del libro chiaramente non ha niente a che vedere con il simbolo dell'Armata rossa: si tratta del pianeta Marte. Nell'antiutopia di Bogdanov Marte e il luogo dove la rivoluzione socialista e gia avvenuta, con risultati terrificanti che vengono dettagliatamente analizzati.
A parte la chiaroveggenza politico-ideologica, impressionano anche alcune intuizioni tecnico-scientifiche azzardate da Bogdanov. Assistiamo alla spedizione su Marte, svolta con l'aiuto dei robot. Bogdanov, profeticamente, descrive una malattia epidemica che si trasmette tra chi si ama, preconizza la decomposizione e la sintesi di singoli elementi chimici. Nel campo delle scienze cosiddette umane, Bogdanov nel suo libro seppe prevedere alcune trasformazioni della metrica e ritmica della poesia russa (dell'aspetto profetico delle sue intuizioni, parla Osip Brik nel saggio Ritmo e sintassi, in I formalisti russi, a cura di T. Todorov, Torino, Einaudi, 1965).
Un filone a parte della letteratura fantastica, risalente alla mitologia dei popoli dell'Asia, viene rappresentato dallo Scoiattolo di Anatolij Kim. Questo scrittore moscovita di origine coreana, conoscitore del mondo magico delle fiabe del suo popolo (i critici russi di solito definiscono il suo stile come "il realismo fantastico alla Marquez") allarga i confini della propria
Macondo oltre il raccordo anulare della capitale, fa nascere un nuovo mito moscovita sulla base di antiche credenze animaliste. I personaggi hanno la normale vita dei cittadini sovietici, e nello stesso tempo si presentano come animali veri e propri, — scoiattoli, delfini, trichechi, cani - dotati di una sensibilita straordinaria, di un forte intuito e di una strabiliante velocita muscolare; ma, cosa piu importante, essi godono della stessa liberta interna, che, come si suoi credere, e propria degli animali selvaggi.
Il disegno fantastico qui sembra molto promettente, nuovo e nello stesso tempo antico: infatti, motivi simili si trovavano gia nel Cantare della schiera di Igor (anche li con distinte sfumature asiatiche). Peccato pero che il soggetto non regga per tutte e cinquecento le pagine: gli manca il respiro, la meccanicita delle trasformazioni uomo-bestia-uomo diventa insopportabile, e in mancanza di pensieri forti il ricco inizio si esaurisce in un finale noioso.
L'esistenza quotidiana come una bizzarra fantasia
La forza trainante di un soggetto fantastico oggi e tale che appena apparve in Russia la raccolta di fiabe di Ljudmila Petrusevskaja, Dopo le favole ecco, in tempi inaspettatamente veloci, anche l'edizione italiana, che ottenne un successo senza precedenti. Ora, rileggendo altre opere della scrittrice, si puo osservare la nascita e lo sviluppo delle stesse tematiche, che vengono riprese dalla piu cruda realta quotidiana della vita misera e disperata di Mosca. Nelle fiabe, per forza del genere letterario, il grottesco troneggia, le tinte sono piu cariche, ma, in fondo, quasi niente e cambiato rispetto alle crudelta raccontate da Petrusevskaja, con la sua prosa social-patetica, nel libro struggente // mio tempo e la notte,
dove si sente l'urlo vero e proprio dell'impossibilita di esistere e la voce di un amore cosi enorme che quasi distrugge chi ama e chi e amato. Leggiamo nelle Favole. "Il padre e la madre facevano i macellai: lui nel negozio 'Regali', lei in quello 'Souvenirs'. Li avevano messi in galera perche la mamma aveva rovinato il cranio al papa e lui aveva fatto un buco sotto l'occhio alla mamma: non riuscendo a perdonarsi, si erano denunciati a vicenda". Se andiamo a cercare dettagli inverosimili in questo allegro inizio della fiaba, per trovare quello che la rende veramente "fantastica", eccola, l'unica invenzione: nei negozi "Souvenirs" non lavorano macellai.
C'e un forte contrasto tra la vera tragicita dostoevskiana di questa grande scrittrice e lo stile di Viktoria Toka reva, che molto spesso viene paragonata alla Petrusevskaja. Nell'Ombrello giapponese c'e un incessante susseguirsi di piccoli problemi della vita quotidiana, che si ingrandiscono a dismisura, ingombrando la vita e impedendo il suo normale sviluppo. Anche qui in primo piano e l'inferno della vita di ogni giorno; ma c'e un tocco leggermente romanticizzante, dolcificante, e manca la vera'passione. Per capire la differenza dello stile e della profondita tra le due maniere apparentemente simili, basta accostare il racconto di Tokareva, II concorso di circostanze, dove l'anziana zia Klava trova conforto ad una vita solitaria in un galletto acquistato per caso, preferendolo addirittura al suo antico amore, con quella, tremenda, de II Pollo di Petrusevskaja, dove il giovane eroe sposa un pollo: qui la tragica farsa assume le dimensioni della fantasmagoria kafkiana, facendo ricordare anche il magnifico racconto di Evghenij Popov, Come fu mangiato il gallo (trad. it. nei Narratori contemporanei russi, a cura di Elena Kostjukovic, Milano, Bompiani, 1990), leggendo il quale il lettore rimane scosso dallo spettacolo di una morte quasi tolstoiana, anche se si tratta della morte di un gallo destinato a finire in pentola. (Potrebbe essere curioso rintracciare il motivo del gallo - da gallo magico a pollo lesso - nell'immaginario della letteratura russa, a partire dell'epoca di Puskin, dal suo famoso Galletto d'oro).
Le poetesse in Russia si chiamavano "poeti"
Qui appare quasi obbligatoria una parentesi sulla cosiddetta letteratura femminile in Russia, ma occorre ricordare che in questo paese le donne acquisirono i diritti civili talmente presto che il femminismo non ebbe tempo di svilupparsi. Nella storia letteraria russa, la parola "poetessa" non e stata mai applicata ne al nome di Marina Cvetaeva, ne al nome di Anna Achmatova; ambedue dichiaravano di volere essere nominati "poeti". Nel contesto culturale europeo, invece, sono frequenti scelte editoriali sotto il segno del femminile. Cosi si forma, per esempio, il catalogo della "Tartaruga", dove figurano, come ambasciatrici della letteratura russa, Marina Cvetaeva e Lidija Cukovskaja. Pero altri nomi della collana non sono quelli che ci si potrebbe aspettare - cioe Anna Achmatova, Zinaida Gippius, Lidija Ginzburg, Nina Berberova - ma nomi scelti un po' a caso, come quelli di Elena Makarova (ile erbe di Odessa), e di I. Grekova (scrittrice dilettante, personaggio letterario dell'inizio degli anni Settanta, simpatico ma non certo molto rappresentativo). Bisogna concludere che le scrittrici russe, grazie a questo trattamento "speciale", hanno comunque piu probabilita di essere pubblicate e conosciute in Occidente, rispetto ai loro colleghi maschi: lo testimonia il successo editoriale italiano della Tokareva e di Tat'jana Tolstaja e il fatto stesso che nella presente rassegna il discorso cade cosi spesso sui libri scritti da donne.
Ricordare vuoi dire sperare
II saggio di Groys Lo stalinismo ovvero l'opera d'arte totale, assieme allo studio di Maria Ferretti La memoria mutilata (Milano, Corbaccio, 1993), potrebbe diventare una buona prefazione alla cultura contemporanea russa.
Negli anni del regime sovietico, scrive la Ferretti, la memoria era "una preghiera che i vecchi ripetevano silenziosamente o bisbigliavano nelle orecchie dei giovani". Qui la studiosa parla della memoria vietata, memoria di quella verita e quella cultura che, secondo il programma autoritario, erano destinate a scomparire.
Ma nello stesso tempo nasceva un'altra mitologia, si definivano altri cliche di comportamento culturale e altri canoni di bellezza, che pure sono degni di un'analisi storica ed estetica, innanzittutto perche consentono di capire la psicologia della loro epoca, e poi, perche ormai, nei ricordi del passato, anche questi fenomeni culturali si colorano di una nostalgica bellezza.
Groys dedica la prima parte del suo libro a un'analisi retrospettiva dell'arte dell'epoca staliniana. Spazza via le interpretazioni piu accreditate secondo le quali le avanguardie artistiche russe d'inizio secolo sarebbero state distrutte dallo stalinismo, che perseguito i suoi esponenti piu illustri, e in tal modo l'arte totalitaria rappresenterebbe un semplice ritorno al passato "realismo" del periodo zarista. Secondo Groys, l'arte dell'epoca staliniana non e altro che uno sviluppo delle idee e delle forme dell'estetica dell'avanguardia, come lo e sempre stata anche l'arte cosiddetta formale, perseguitata in tutto il periodo del totalitarismo sovietico, la stessa arte che adesso, uscita "in superficie", assume inaspettatamente il nome di "soc-art" ("soc" come socialista). Cosi si intrecciano in modo complicato e paradossale le vie della cultura ufficiale "antiformalista" e quella "formalista" dell'underground.
Nella seconda parte lo studioso si sofferma sulle caratteristiche principali dell'arte "formalista": la tendenza a cancellare i confini fra "alto" e "basso" e dunque inclinazione prevalente alla parodia; l'interesse per i miti della quotidianita; la tendenza a lavorare con i sistemi di segni gia pronti; l'attenzione verso il mondo dei mass media; il rifiuto dell'originalita creativa e altri elementi, che comunque erano presenti gia nelle opere di alcuni artisti e scrittori degli anni Trenta (come il gruppo letterario OBERIU, i poeti Aleksandr Vvedenskij, Nikolaj Olejnikov, Daniil Charms; e di un genio non appartenente a nessun filone - Michail Zoscenko).
Zoscenko, come autore del volume Novelle moscovite uscito recentemente dall'editore Passigli, viene cosi presentato nella nota redazionale: "Testimone delle disfunzioni della societa russa". Non ci sembra questo il suo merito principale; piuttosto la sottigliezza con la quale, lavorando con metodi di pseudorealismo, giocando esclusivamente sulle corde stilistiche, Zoscenko evidenzia e acutizza gli standard della nuova lingua nascente, lingua della folla; quel che era una volta la magnifica lingua russa, con la sua sconfinata ricchezza, oggi, storpiata e snaturata, tradisce tutta la laidezza morale e psicologica della nuova societa sovietica.
Il lavoro analogo - cioe dire e nello stesso tempo contraddirsi servendosi delle abili cacofonie stilistiche, ricorrendo alle parodie cosi ben celate che diventano quasi invisibili - interessa gli artisti moderni, sempre studiati da Groys: Erik Bulatov e Ilja Kabakov, che operano con il simbolismo della vita quotidiana; Vitalij Komar e Aleksandr Melamid, che affrontano direttamente il mito staliniano, la classicita sovietica; furono proprio questi ultimi a proporre il nome di "soc-art" per tutto il filone.
Dello stesso filone fanno parte gli scrittori Viktor Erofeev e Vjaceslav
Pietzuch, due rappresentanti di grande importanza dal punto di vista estetico. Il romanzo di Erofeev La bella di Russia (Milano, Rizzoli, 1991) e stato reclamizzato in Italia come il primo romanzo erotico russo, mentre anche questo e pieno di ironia e offre al lettore soprattutto un esperimento postmodernista, perche crea la parodia di un genere letterario (romanzo erotico) che in questa letteratura nazionale proprio non c'e.
Nell'edizione italiana della piu famosa opera di Pietzuch, La stanza libera, e cambiato un particolare che poteva offrire una valida chiave di interpretazione alla parabola narrata, e cioe il titolo. Peccato che il libro non si chiami piu, come nell'originale, Nuova filosofia moscovita. La trama, squallida e banale dell'assassinio di una povera vecchietta, e mutuata chiaramente da Delitto e castigo. Grazie alla parodia dostoievskiana non dovrebbe essere seguita come un "vero" romanzo poliziesco, e neppure interpretata come la prosa di una denuncia sociale. Sorprende la serieta del riassunto sul risvolto di copertina: "In un appartamento in coabitazione nella Mosca contemporanea..." L'effetto artificiale e parodistico a cui mira l'autore si basa proprio sul contrasto dell'approccio filosofeggiarne, cosi caratteristico della letteratura russa classica, e la mancanza assoluta del coinvolgimento umano dell'autore e del lettore nei fatti raccontati. Fin dall'inizio l'autore espone il proprio programma:
"E sorprendente, ma la personalita dell'uomo russo, fin dai tempi piu remoti, soggiace al dominio, anzi al giogo della letteratura nazionale... Tale sottomissione alle belle lettere e doppiamente sorprendente, dato che a tutti, esclusi i bambini e i matti, e chiaro come il giorno che dietro a queste belle lettere non vi e altro che un esangue riflesso della realta..."
Un inizio simile e tipico dello stile di Pietzuch. Un'altra formula magica che per gioco finge di potere finalmente chiarire l'enigma del famoso "spirito russo", si trova nella prima frase del racconto La guerra tra centratesi ed ermolaeviani (Narratori russi contemporanei, Milano, Bompiani, 1990). Li il conflitto caricaturale tra due minuscoli villaggi della campagna russa viene visto come una guerra quasi mondiale e, assumendo un carattere nettamente eroicomico, diventa un'aperta parodia - la centesima volta nella cultura del postmoderno (basti ricordare Woody Allen) - della Guerra e Pace tolstoiana:
"L'enigma dell'anima russa puo in verita essere decifrato in maniera molto semplice: nell'anima russa c'e tutto. In quella tedesca, ad esempio, o in una qualche anima serbo-croata, anche se queste anime non sono in nulla inferiori alla nostra, e forse in qualcosa sono persino piu compatte della nostra, e certo che ad esse manchera comunque qualcosa..."
In ogni modo la rivelazione del concetto grottesco e contemporaneamente il motto di tutto il gruppo creativo capeggiato da Pietzuch li troveremo nell'ultimo passaggio della Stanza libera. "Non e il caso di impiccarsi, ma Delitto e castigo bisognerebbe leggerlo".
Ricordi del romanzo classico
Sono pochi nel quadro letterario russo gli scrittori che continuano a lavorare in chiave psicologica e realista, seguendo la tradizione del romanzo e del racconto tra Tolstoj, Dostoevskij e Cechov. Un posto al sole, di Vladimir Makanin, che e uno dei talenti piu genuini e piu forti tra gli scrittori russi d'oggi, rappresenta un passo avanti proprio su questa strada. Egli sviluppa la tradizione cecoviana offrendo al lettore tanti sottintesi da decifrare e, seguendo l'esempio di Dostoevskij, premette Che questi sottintesi nascondono qtillcOM di vergognoso, che le anime
sono piene di ricchezza ma anche di meschinita. I fatti si svolgono sullo sfondo della quotidianita umiliante e stancante dei casermoni della periferia moscovita. Forse grazie al suo stile classico, Makanin e uno tra gli scrittori russi piu tradotti in Italia, e c'e da rallegrarsi a questo proposito, perche la sua ricerca costante porta dei frutti ogni volta piu belli, e le sue ultime pubblicazioni in Italia (La mano, in "Panta", nr. 8, 1992) e in Russia ("Novyj Mir", nr. 7, 1993) testimoniano la forza creativa sempre crescente del suo talento originale.
E ormai tramontato, come gia dicevamo sopra, l'interesse dell'editoria italiana verso la prosa di denuncia, genere in cui la verita narrata "lavora" quasi da sola, con un minimo appoggio artistico. Campione indiscusso di questo genere rimane L'Arcipelago Gulag di Solzenicyn. Lo stesso approccio lo si ha nei libri di Varlam Salamov / racconti di Kolyma e Nel lager non ci sono colpevoli. Qui sentiamo la voce di uno che ha sperimentato sulla propria pelle gli orrori dei campi staliniani. Diversa e la situazione umana del piu giovane Sergej Kaledin. In lui anche se racconta la vita dei degradati lumpen metropolitani (L'umile cimitero, Milano, Feltrinelli, 1991) oppure l'orripilante routine di una compagnia di correzione nell'esercito sovietico, rimane sempre un netto distacco tra l'io dell'autore e l'io narrante. C'e da seguire sempre con prudenza lo sviluppo di un genere letterario, che la Russia attuale indubbiamente ha ereditato dalla cultura dello stalinismo: quello relativo alla storiografia appassionata e moralizzante (Edgar Radzinskij, L'ultimo zar. Vita e morte di Nicola II)
Ritratti di primo piano: per conoscere meglio i vecchi amici
Non e infrequente che attorno a un autore e a un'opera famosi da tradurre si manifesti, contemporaneamente, l'interesse di piu editori. Nel 1992 escono cosi simultaneamente due volumetti sul viaggio americano di Majakovskij (America della Biblioteca del Vascello e La mia scoperta dell'America della Passigli). Nel 1925 Majakovskij parte per uno di quei classici viaggi organizzati dall'Unione degli scrittori: e il primo poeta della Russia sovietica in visita "ufficiale" nell'impero del capitalismo. Il suo atteggiamento verso la realta che vede e molto diverso dalle reazioni di altri letterati (Esenin, Gorkij) che si erano recati in America negli stessi anni. Non si puo trascurare il fatto che Majakovskij e un ex futurista che ha cantato Chicago ancor prima di recarvisi. Forse, schiavo della propria immagine artistica, si sentiva quasi obbligato a chiamare le stazioni di New York "i piu grandiosi panorami del mondo", cosi come fino all'ultimo respiro lui sapeva di dover amare e cantare le sue due madriamanti: Lilja Brik e la Patria comunista. L'edizione della Biblioteca del Vascello, con la felice idea di tracciare un parallelismo tra le due ipostasi letterarie di Majakovskij, quella prosaica e quella poetica, stampando a fronte i testi dei diari e le poesie nate nel corso di questo viaggio, e molto interessante per un'analisi della psicologia della creativita. Si avverte subito come e forte il fascino di quei testi poetici, indipendentemente dal loro contenuto ideologico. Aveva ragione Puskin quando disse: "Per la prosa ci vogliono idee e ancora idee. La poesia, Dio la salvi, deve essere stupidina". Nel verso Majakovskij si salva con la tecnica e la magia.: ideologo fallito comunista, deluso al punto di suicidarsi, e uno dei piu grandi poeti nazionali di questo secolo.
Le pubblicazioni della - e sulla -Cvetaeva in Italia sono state scarse fino alla meta degli anni Settanta, ma poi sono aumentate in modo sempre crescente, e attualmente c'e in libreria una decina di volumi, compresi i due
tomi di lettere mai pubblicate in patria, curate da Serena Vitale per le stampe della Adelphi. Indubbiamente alla nuova ondata dell'interesse verso la sua persona ha contribuito anche il centenario della sua nascita festeggiato nel 1992. Ecco allora varie memorie, diari, testimonianze sia della stessa poetessa (come Indizi terrestri - la recente ristampa del diario moscovita subito dopo la rivoluzione) sia su alcuni episodi della sua vita. Importantissime sono le testimonianze di Lidija Cukovskaja Prima della morte. Ritratto di Marina Cvetaeva. Figlia di Kornej Cukovskij, celebre letterato, catalizzatore della vita culturale del XX secolo, Lidija fu amica intima di Anna Achmatova (le conversazioni indimenticabili e le esperienze comuni racconto negli Appunti su Anna Achmatova, di cui la prima parte e stata tradotta in italiano da G. Moracci, Milano, 1990). Proprio per Anna Achmatova Lidija Cukovskaja stese il suo racconto dell'unico e breve incontro con Cvetaeva. Ma come e bruciante questa narrazione degli ultimi giorni della vita della poetessa. Nell'agosto del 1941 Cvetaeva, perso il marito fucilato da Stalin, dopo l'arresto della figlia, con l'unico figlio rimasto raggiunge a Cistopol la colonia degli scrittori sfollati da Mosca bombardata. Li, nella steppa gelida, la poetessa affamata e umiliata cerca il permesso di soggiorno e qualche mezzo di sostentamento - fino al punto di ambire al posto di sguattera alla mensa degli scrittori. Ma anche questo lavoro a lei, come a una ex immigrata e moglie e madre dei nemici del popolo, viene negato. Cosi il penultimo giorno della sua vita Cvetaeva conosce Lidija Cukovskaja e nelle ore passate in sua compagnia riacquista, parlando di poesia, un po' di serenita. Ma questo incontro sara solo una breve parentesi sulla Via crucis cvetaeviana; l'indomani, nella sperduta cittadina tartara Elabuga, Cvetaeva si togliera la vita.
Un altro ritratto dal vivo e // racconto di Sonecka. qui pero chi racconta e la stessa Cvetaeva e, come sempre, la vita reale viene modificata, trasformata in mille modi dalla sua visione romanticizzante. Infatti il lettore italiano deve sapere gia che i suoi scritti saggistici e critici non riescono ad uniformarsi ai canoni del genere, ma non possono neanche presentarsi come narrativa di pura invenzione. Il suo ricordare fa nascere un tipo di prosa altamente poetica, quello che Simon Karlinsky nella sua monografia su Cvetaeva definisce come trend toward non-fictional. Inquadrano benissimo nella stessa scenografia quasi mitica le immagini create da Cvetaeva relative ad alcune persone che lei ha conosciuto e amato: Vladimir Majakovskij, Andrej Belyj, Boris Pasternak, Maksimilian Volosin.
Completano il panorama cvetaeviano le Poesie, a cura di Pietro A. Zveteremich. Con quest'ultimo libro da lui curato la casa editrice Feltrinelli ha voluto ricordare l'impegno intellettuale del famoso russista e traduttore, scomparso l'anno scorso, curatore della prima edizione mondiale di Doctor Zivago, traduttore di opere di Gogol', Dostoe vskij, Sologub, Babel', Platonov, Solzenicyn, Ven. Erofeev.
Una edizione veramente esemplare e L 'Accalappiatopi tradotto e curato da Caterina Graziadei. La leggenda del Pifferaio magico - Rattenfunger - raccontata ai loro tempi da Goethe, Heine, Robert Browning, e stata preferita dalla Cvetaeva come parabola della dualita tragica del luogo e momento storico (correvano gli anni Venti): la Germania romantica contro la Germania dei Burger; e anche una sorta di previsione sul futuro del popolo tedesco gia pronto, di li a poco, a diventar preda della psicosi collettiva i cui germi erano comunque gia presenti nella sua mentalita.
Il sentimento forse piu forte che si avverte in questo poema, e .quello del profondo amore verso la Germania,
come simbolo della poesia e della musica romantica. Il primo abbozzo del poema recava la dedica, in seguito eliminata, Alla mia Germania, un'eco dei versi Alla Germania del 1914. "La Germania e l'involucro stesso del mio spirito, la Germania e la mia carne, i suoi fiumi (.Stromek) sono le mie braccia, i suoi boschi (Hain&) i miei capelli; e tutta mia, e io tutta sono sua" (dal suo saggio Della Germania).
Dopo la Russia: la notte europea
Una delle tendenze della moda letteraria del momento probabilmente sta nell'aumentato interesse verso le tematiche europee, non piu verso quelle esotiche e lontane. Il centro di attenzione si sposta sul tema "Stranieri in Europa". Sono ben accolti diari di viaggi: e sempre curioso seguire un'immagine del proprio paese visto dagli occhi altrui. In questo contesto nasce la voglia di riascoltare la voce dell'emigrazione russa della "prima ondata": infatti, nell'ultimo periodo sono straordinariamente numerose le ristampe e le traduzioni ex novo delle opere dei letterati russi della prima meta del secolo che scrivevano fuori della propria patria.
Si puo quindi osservare come nascevano certi cliche di descrizione delle diverse realta nazionali; tenendo presente questi motivi nell'intero complesso delle opere degli esuli russi, si potrebbe spiegare, per esempio, il significato dell'ambientazione dei soggetti nei paesi come la Germania oppure la Francia.
Se, come abbiamo appena detto, nelle opere di Cvetaeva l'immagine della Germania e prevalentemente ambigua, sempre carica di una forte passione, dell'amore, il poeta piu congeniale alla Cvetaeva - Andrej Belyj scriveva terrorizzato dall'aura tragica di questo paese: "Berlino e un incubo, che penetra nella vita reale con ordine e metodo e assume l'aspetto innocuo del comune
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buon senso borghese: un buon senso senza senso" (dal saggio Una dimora nel regno delle ombre). La Germania meccanica, impura, repellente e descritta da Nabokov nel suo superbo Dono, un russo che deve vivere qui e oppresso dalla regolarita degli edifici, dei viali, dall'architettura massiccia dominata dalla pietra e dal ferro. E un paese in cui non offre consolazione nemmeno la natura (nella letteratura classica russa la natura e simbolo della salvezza). Per Vladislav Chodasevich la natura in Germania e "matrigna", infuoca e arroventa l'erba "sbiancata", "mezza tramortita", per Nabokov invece l'erba tedesca e "bagnata, fradicia, imputridita". Un'immagine di una Berlino lugubre e surreale, che rivela comunque un'affinita (presagita da Dostoevskij) con la livida Pietroburgo caliginosa e tetra, tragica e fantomatica, troviamo nelle pagine di Viktor sklovskij (Zoo o Lettere non d'amore): "Nell'umidita e nelle sconfitte arruginisce la Germania di ferro, e ci copriamo di ruggine, arruginendo con lei, noi che non siamo di ferro..."
Negli occhi di Andrej Belyj persino il suo sentimento per la Cvetaeva non si potrebbe separare dalla particolarita del paese in cui loro si erano incontrati e che aveva stregato il loro dialogo, privandolo di futuro ("Siamo troppo simili"): "La nostra affinita, la nostra parentela e la Germania, il nostro vicino modesto e discreto, di cui noi -anche se una volta, molto tempo fa, l'abbiamo amato nella persona delle migliori teste e cuori del nostro paese - non siamo mai stati innamorati. Come non succede che ti innamori di te stesso. Il problema non sta nel momento storico: 'Nel secolo XVI li amavamo la Francia, mentre nella prima meta del XIX la Germania'; il problema non sta nella storia, ma nella prestoria, non nei momenti transitori, ma nel sangue che abbiamo in comune con la Germania, nella nostra patria ancestrale comune..."
Diverso era l'approccio verso la patria acquisita della prima emigrazione russa a Parigi, di cui il ritratto forse piu nitido e acuto e quello delineato da Nina Berberova, la brillante ex-moglie di Chodasevich. Ultimamente sono state tradotte in italiano non solo le memorie e i libri di saggistica che la resero famosa, ma anche opere di narrativa, dove la sua maniera secca e analitica si unisce a un'indubbia vena narratoria; e il lettore segue dal vivo la disperazione e il degrado della "povera gente" a Parigi, citta ancora piu spietata della Pietroburgo dostoevskiana, dove gli esuli emarginati nutrono il loro enorme orgoglio solo di ricordi del magnifico passato imperiale. Ma Parigi come citta mito dell'immaginario collettivo russo rimane per loro sempre la stessa - attraente e venusta, nonostante tutto, nel suo indiscutibile fascino di bellezza e abbondanza. Le regole del comportamento culturale del loro passato moscovita e pietroburghese, l'obbligatorio stile dandy e decadente della belle epoque (Romanzo con cocaina di Agheev), come dimostra la saggistica della stessa Berberova oppure i recentemente pubblicati in italiano Diari pietroburghesi 1914-1919 di Zinaida Gippius, non impedirono ai letterati della "Parigi russa" di imparare a esaminare la cruda realta con precisione e sicurezza.
Vladislav Chodasevich non appartiene ne al gruppo berlinese, ne a quello parigino, la sua maniera creativa "non deve niente" all'emigrazione. Andando via dalla Russia, lui ha esportato, come scriveva in una delle poesie, "la mia Russia nel mio bagaglio a mano". La pubblicazione in Italia del volume di Chodasevich La notte europea e un evento culturale di prim'ordine: e la piu ampia scella dell'opera poetica di Chodasevich, che ripete lo schema dell'edizione in lingua russa curata da Nina Berberova. Il testo russo riportato "a fronte" indubbiamente offre un appoggio prezioso anche per chi appenasa riconoscere caratteri cirillici; evidenzia il tessuto fonetico del verso e la funzione costruttiva della rima. La curatrice risolve il solito problema formale dei traduttori poetici dal russo, cioe come rendere le rime, visto che nella tradizione moderna europea la rima si addice solo a canzonette e filastrocche? Nel verso russo, al contrario, la rima rappresenta il sostegno di tutto l'equilibrio poetico. La Grazia dei agisce con molta sottigliezza, conservando alcune rime, e altre, secondo il gusto europeo, omettendo oppure sostituendo con assonanze. Le poche rime che si sono mantenute funzionano come la carta velina negli album di un tempo, che si usava appoggiare sopra le riproduzioni dei quadri, per soprascriverci spiegazioni. Sul livello stilistico, questa traduzione riesce a rendere le tracce piu specifiche della scrittura di Chodasevich: l'intrusione di espressioni colloquiali nel registro della lirica alta, il gusto dell'ossimoro, della rima inconsueta, del calembour.
L'immagine di losif Brodskij, laureato del premio Nobel, esule ormai da vent'anni, poeta solitario non appartenente a nessuna associazione, sembra modellata da lui stesso sul modello di Chodasevich, da cui Brodskij ha ereditato, tra l'altro, non pochi elementi stilistici. Alcune tematiche amate da Chodasevich Brodskij riprende ripetutamente, quasi con uno slancio di sfida, e tra quelle c'e anche "il volto dell'Italia".
Nell'immaginario collettivo russo da secoli si e formata un'immagine romantica dell'Italia, come simbolo del paradiso terrestre, lo chiamava la sua "patria immaginaria" Puskin, era il mondo "nasce la progenie felice", come scrisse Zukovskij, e "il posto migliore per morire", secondo Gogol'. Chodasevich dedico all'Italia bellissime prose. Brodskij prese in mano gli stessi strumenti , accettando l'invito Consorzio Venezia Nuova di comporre un saggio sul tema veneziano (Fondamenta degli Incurabili). Lui che adora esercizi di stile, adopero in maniera sublime il materiale culturale risalente agli illustri predecessori, giocando con gaia eleganza con schegge di tutta la tradizione letteraria russa.
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Teatro nel paese dei libri
di Raimondo Guarino
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I ell'introduzione all'edizione americana del libro di Victor Turner Antropologia della performance, Richard Schechner, uomo di teatro e studioso di antropologia secondo una sintesi personalissima, spiega l'importanza dell'opera e della riflessione di Turner, scomparso nel 1983, per il movimento teatrale americano contemporaneo. "Turner viveva in una casa tutta porte", si era specializzato nel dominio del "fra" e nello studio della performance, "teatro, danza, musica, rito e dramma sociale - perche la performance e l'arte in quanto aperta, infinita, decentrata, liminale. La performance e un paradigma di processo". Si capisce da queste righe l'importanza di una convergenza reciproca. Turner, formatesi alla scuola di Manchester che, con Max Gluckman, si opponeva al funzionalismo di Malinowski, cercava un'antropologia "liberata" dalla "disumanizzazione dei soggetti di studio", e dalla tirannia dei "modelli culturali" come ambiti di definizione del comportamento nelle societa umane (cosi si apre il saggio che da il titolo al volume). Schechner e altri uomini di teatro agivano sul limite tra i generi di spettacolo e soprattutto sul confine tra l'istituzione teatrale e il contesto. Lo scambio di termini teatrali e antropologici che coinvolse dalla fine degli anni Cinquanta Goffman, Schechner e Turner era uno scambio di energia concettuale e pragmatica che scardinava il sapere e l'agire di intellettuali e teatranti. In quegli anni il teatro usciva dalla famiglia e dal linguaggio delle
arti per entrare nel sistema delle azioni sociali. Turner, cercando di liberarsi dall'eredita del funzionalismo, individuava nel processo rituale il punto di frizione tra la struttura sociale e un principio antistrutturale che ne metteva in discussione l'ordine e ne fondava gli aspetti dinamici. Il rito era nello stesso tempo un processo simbolico e, come spiega Schechner, a un livello piu profondo, un paradigma del processo, cioe dell'elemento di cui ha bisogno l'antropologo per spiegare il ruolo del mutamento nella struttura culturale. E qui, come spiega De Matteis nell'introdurre l'edizione italiana pubblicata ora dal Mulino, che matura l'atteggiamento contraddittorio di Turner nei confronti dei modelli della ricerca antropologica da cui voleva emanciparsi. Ed e qui che si profila anche l'ambiguita del suo apporto alla cultura del teatro.
Porte aperte
II dramma sociale, la sequenza costante di rottura, crisi, riparazione e analisi collettiva e reintegrazione, costituisce per Turner la "materia grezza da cui, con lo svilupparsi della societa per dimensioni e complessita, viene a essere creato il teatro e da cui esso e continuamente rigenerato". Siamo di fronte a una nozione generica dell'alimentazione contestuale del senso del teatro, collegata alla filiazione dell'arte teatrale dal valore simbolico del rito rispetto al dramma sociale. Il processo rituale e necessario alla definizione di una struttura che include la manifestazione e l'integrazione della crisi. Il teatro e una forma recente e piu complessa di questa relazione. Ci troviamo quindi di fronte a un collegamento funzionale tra rito, teatro, danza, e altre forme del dramma simbolico, attuato nel segno della performance. La performance e adottata come dimensione significante dell'azione, del processo
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