L’arcobaleno delle rane e la Pax trumpiana

di Memorial Italia

La parola “mir” in russo è ambigua, significa sia “mondo” che “pace”. Assieme con il loro “russkij mir” (mondo russo), questo sistema totalitario ha anche inventato un fittizio “pacifismo” russo. È un pacifismo basato sull'intimidazione e sulla tortura, contro cui si può lottare solo con mezzi e metodi di guerra. La persuasione non basterà
10 Aprile 2025 alle 12:34

Elena Kostioukovitch, traduttrice di Umberto Eco in russo e autrice di Nella mente di Vladimir Putin (La Nave di Teseo, 2022) e Kyiv. Una fortezza sopra l’abisso (La Nave di Teseo, 2025), propone una riflessione sull’illusorietà del carattere universale dei simboli e sul loro valore di portatori di significati in continuo movimento, soffermandosi sul caso dell’arcobaleno.

Anastasija Eršova, una donna di Nižnij Novgorod che indossava orecchini a forma di rana smaltati arcobaleno, è stata arrestata alla fine di gennaio 2024 e accusata ai sensi dell'articolo 20.3 parte 1 del Codice amministrativo (dimostrazione di simboli o paraphernalia vietati) sulla base del decreto legge della Corte Suprema russa del 30 novembre 2023 che dichiara il “Movimento internazionale LGBT” un'organizzazione estremista e la vieta in Russia. Se non parrebbe facile per la mente umana cogliere il nesso tra la rana e il “Movimento internazionale LGBTQ”, i cervelli dei sudditi di Putin decifrano immediatamente l'enigma.

Il problema di Anastasija non è stata la rana, ma lo smalto arcobaleno.

Impressionante è che alle menti degli abitanti della Russia (comunque allenati alla speculazione) non appaia problematico il fatto che non esista alcun “Movimento Internazionale LGBTQ” ma che si tratti semplicemente di un vasto spettro di evocazioni, segni, similitudini. Di conseguenza, qualsiasi manifestazione, anche la più sottile e sfumata, di simpatia verso gli inquietanti “movimenti sociali LGBT” può diventare un atto criminale.

Similmente, gli informatori del regime hanno trovato dei “cuoricini multicolori” su un account con non più di venti follower e hanno scritto che questi cuori “simboleggiano il coinvolgimento dell'utente in un orientamento non tradizionale”. I cuoricini sono stati trovati sulla pagina di Svetlana Šachrajuk nel social network “VKontakte”. Il tribunale della città di Abakan della Repubblica di Chakasija, presieduto da A.V. Kuleševskaja, le ha inflitto una multa di 1.000 rubli. Per prendere questa decisione, gli inquirenti si sono assicurati una perizia svolta da una sedicente agenzia analitica “Consortium” e hanno raccolto le testimonianze di due persone che avrebbero visitato la pagina di Šachrajuk trovandoci quei cuori in sette colori.

Anche a Saratov è stato avviato un procedimento amministrativo per bandiera arcobaleno contro la fotografa locale Inna Mosina. Diversi vecchi post (di due o tre anni fa) nell'Instagram della ragazza sono stati scoperti da un dipendente del “Centro lotta contro l'estremismo” - tale Stoljarov -, che si è rifiutato di spiegare in tribunale come sia entrato in un social network bloccato in Russia (Instagram non si apre sul territorio della FR). L'imputata ha insistito in tribunale che l'arcobaleno non aveva nulla a che fare con il LGBTQ. Scontata la punizione, l'artista è emigrata e ora è una rifugiata politica e un’attivista per i diritti dei gruppi sociali oppressi.

L'avvocato della Eršova ha anche cercato di dimostrare che il simbolo LGBTQ consta in sei strisce disposte dall’alto in basso nell’ordine seguente: rossa, arancione, gialla, verde, blu e viola; gli orecchini indossati dalla Eršova erano invece decorati con il tradizionale arcobaleno a sette colori e la striscia rossa in basso. “La difesa insisteva sull’assenza di un corpus delicti in quanto tale. C'era fiducia che il caso potesse essere vinto. Ma la corte ha emesso un verdetto di colpevolezza. La giudice Umilina si era ritirata in camera di consiglio per più di due ore”, racconta l'avvocato della donna di Nižnij Novgorod.

Si può quindi constatare come giudici visibilmente tesi e impauriti ravvisino il “reato di estremismo” (di per sé inapplicabile, sembrerebbe, nei detti casi) anche in situazioni in cui si tratta della simbologia “progressista” delle sette strisce arcobaleno con il viola sopra, ampiamente utilizzata in tutto il mondo.

Ai tempi dell'Unione Sovietica, l'arcobaleno era uno dei simboli comunisti più ipocriti: ipocrita perché falso. l'Unione Sovietica si poneva come obiettivo la lotta per la pace e intanto interveniva militarmente in varie parti del globo: in Ungheria nel 1956, in Cecoslovacchia nel 1968, in Afghanistan dal 1979). Dovunque in URSS, nelle sale dedicate alle riunioni nelle fabbriche, nelle aule universitarie e persino negli spazi ricreativi delle prigioni, si notava un enorme striscione arcobaleno steso lungo tutta la parete, a formare una caratteristica quinta teatrale.

L'arcobaleno della pace, unito alla “paloma”, era stato inventato da Pablo Picasso per il Congresso della Pace di Vienna del 12-18 ottobre 1952… Peccato che il geniale pittore avesse appoggiato le zampine della colomba sulla striscia rossa, che si trova proprio in alto. In barba a tutta la sottile simbologia.

Per l’Italia l’inventore dell'“arcobaleno delle marce” è Aldo Capitini, seguace di Gandhi, che il 24 settembre 1961 organizzò la “Marcia per la Pace e la Fraternità dei Popoli” da Perugia ad Assisi. Da allora, la marcia si ripete periodicamente fino a oggi. L'iniziativa ha una forte componente religiosa (francescana) e si rivolge principalmente ai giovani. Non a caso a Capitini sono intitolate numerose aule magne di varie università italiane. E proprio a Perugia, nella biblioteca di San Matteo degli Armeni, si può ammirare la bandiera originale cucita dallo stesso Capitini. I sette colori sono ormai sbiaditi e virano tutti al viola.

La moda di esporre la bandiera iridescente che porta la scritta “pace” è tornata in auge in Italia nel 2003, nelle proteste contro il governo Berlusconi II e la guerra in Iraq. Le bandiere arcobaleno hanno garrito su varie manifestazioni, veglie, fiaccolate. Sicuramente va ricordata l'azione di massa “Pace per tutti i balconi”, quando tre milioni di arcobaleni furono sventolati non solo sulle case ma anche su chiese, scuole, municipi, il che equivale a dire che almeno dieci milioni di italiani si sono riconosciuti in questo simbolo.

Oggi che sembra necessario proteggere l'Europa da una moltitudine di pericoli, dall'aggressione sfacciata di Putin come dalle conseguenze delle giravolte di Trump, la bandiera della pace ha improvvisamente e inaspettatamente cambiato la sua funzione nell'alfabeto dei simboli, diventando quasi uno slogan polemico che significa: “siamo contrari ad armare l'Europa”.

Chi viene tacciato di essere un “guerrafondaio” nelle piazze europee gremite di persone che portano un distintivo o una sciarpa arcobaleno? Ursula von der Leyen, la cauta e razionale presidente della Commissione europea, cristiana praticante, medico e madre di sette figli, che certamente non è una assetata di sangue. Intanto, nella Federazione Russa chi indossa i calzini arcobaleno rischia di essere arrestato dagli sbirri o picchiato dagli indignati compagni di treno nella metropolitana.

L’arcobaleno e gli slogan a esso connessi, gli slogan della “pace”, fanno dunque parte di quelli stereotipi che in società differenti sono interpretati in due sensi opposti. Diceva Walter Lippmann, il padre della teoria degli stereotipi, che essi sono “opinioni standard sull'interpretazione dei simboli imposte alla società da figure autoritarie”.

La complessa lettura dell’arcobaleno sembra essere basata sulla natura divisiva di questo antico simbolo: in origine era stato imposto nel mondo giudaico cristiano da una indubbia “figura autoritaria”, nientemeno che il Padre Onnipotente.

In quel caso, Dio si comportò più o meno similmente a Trump. Arrabbiato con gli abitanti della terra, applicò ai colpevoli le “sanzioni infernali” riversando sul nostro pianeta il Diluvio Universale, a cui sopravvissero solo Noè e la sua famiglia, dopo che Noè si fu scusato a nome della collettività. Di conseguenza, Dio scese ai patti con Noè e i suoi discendenti, cioè con l’umanità intera. Questo momento è stato più volte riprodotto in opere geniali, come l’affresco di Paolo Uccello nel Chiostro Verde in Santa Maria Novella. Nella Genesi 8:22 Dio spiega i postulati del “deal” con l’umanità intimorita: “Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarà il segno dell'alleanza tra me e la terra. […] Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno”.

Allora l'arcobaleno altro non è che un segno del perdono di Dio dopo una punizione spietata! In poche parole, lui vuole che tutti gli obbediscano e si comportino bene.

In contrapposizione a questa idea di sottomissione, può avere luogo invece una lettura libertaria che trae spunto dal sontuoso gioco di colori che nasce dalla rifrazione di un raggio di luce, descritto scientificamente da Newton in un giorno di gioia. Un arcobaleno può evocare “gioia” dal subconscio: non per niente in ucraino si traduce “veselka” - “divertimento”. Questa lettura si riferisce a un mondo libero e multidimensionale, piuttosto che alla visione di un mondo miserabile sull'orlo dell'annientamento con pochi sopravvissuti terrorizzati che si sentono dire: “Comportatevi bene e non vi ucciderò”.

Infatti, per la Chiesa la “pace” è “ordine”. “Andate in pace”, dice il sacerdote alla fine della funzione religiosa. La “pace” è il nome tecnico di un arredo liturgico adoperato per organizzare il comportamento dei fedeli: è una tavoletta decorata con una scena sacra, dotata di una maniglia, offerta dal sacerdote per essere baciata dagli altri ministri e infine dai fedeli come promessa di adesione alla fede. Al Museo del Duomo di Milano c’è una ammirevole Pace di Pio IV (zio dell’intransigente Carlo Borromeo) in oro e lapislazzuli, onice, oro, smeraldi e tante altre pietre preziose in tutti i colori dell’arcobaleno.

Con il segno cosiffatto della Pace, il cattolicesimo ha evangelizzato i popoli e li ha costretti all'ordine e alla sottomissione. La pace in quest'ottica, soprattutto quando si tratta della colonizzazione di nuove terre e continenti, è una costrizione alla resa, alla rinuncia della propria identità. Non è un caso che nella stessa sala del Museo di Milano sia esposta anche una mitria multicolore a mosaico di penne di colibrì rappresentante una crocefissione con la Madonna e san Giovanni, realizzata per lo stesso Pio IV nel Cinquecento su ordinazione degli evangelizzatori delle Indie Occidentali.

Naturalmente, nell’idea della pace come coerenza alla volontà superiore (“Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domanderò conto”) è presente anche un forte richiamo all’unione, a un abbraccio, all’armonia. Sulle volte delle chiese gotiche, alzando gli occhi, vediamo che la chiave di volta spesso è circondata da alcune linee zigzagate colorate arcobaleno. Nella teoria dell’arte questo motivo porta il nome di “amistà’”. È frutto dell’elaborazione astratta dell’idea che i cori degli angeli, di cui ciascuna coorte emana un proprio colore, formino una sequenza di sette colori arcobaleno. Tali sequenze possono essere ammirate nel bel “Paradiso” di Jacobello del Fiore nella sala d’ingresso dell’Accademia a Venezia. A Milano l’“amistà” iridata è presente nella poco conosciuta chiesa di San Bernardino alle monache di via Lanzone, nella celebre Cappella Portinari e in Santa Maria (appunto!) della Pace, chiesa dei bellicosi crociati.

Tornando alla “pace-coercizione”, guardiamo a quante volte la parola “pace” è stata strumentalizzata dalle dittature militari. L'espressione Pax romana è usata dagli storici per indicare il diradarsi dei conflitti militari dovuta al predominio e alla forza istituzionale dell'Impero romano, durante la prima metà dell'età imperiale. Oltre alla Pax romana si conoscono la Pax hispanica imposta dal dominio nel Vecchio e nel Nuovo Mondo da parte degli eserciti spagnoli durante i primi decenni del Seicento, la Pax mongolica nel XIII e XIV secoli, organizzata e gestita dallo spietato Genghis Khan e dai suoi successori, e la Pax britannica, che nel periodo successivo alle guerre napoleoniche significava che l’Impero britannico era divenuto arbitro di tutte le contese mondiali. Allo stesso modo, sebbene sia stato piuttosto sconfortevole per i malcapitati cittadini dei Paesi che ne facevano parte, il Patto di Varsavia poteva invocare la Pax sovietica e con questo giustificare il vizio di riempire di arcobaleni tutti i luoghi pubblici esteuropei, le scuole e le carceri di mezzo continente.

Sotto la dicitura di Pax americana si intende il periodo di grande tranquillità e benessere in Europa e nel mondo occidentale seguito alla Seconda guerra mondiale: periodo che ora sta finendo sotto i nostri occhi.

Ai tempi della Pax sovietica noi dell’opposizione dicevamo con ironia: “Certo, lo Stato non farà la guerra, ma farà una tale lotta per la pace che il mondo intero diventerà polvere e briciole!” Naturalmente, tutti noi a quei tempi eravamo più che consapevoli che chi avesse osato parlare contro la lotta per la pace avrebbe rischiato di finire in galera.

Oggi, al contrario, il regime di Putin non manda in galera “solo” chi pronuncia la parola “guerra” (ufficialmente si tratta di una “operazione militare speciale”), ma anche chi esorta a lottare per la pace e ne pronuncia la parola. Il titolo del famoso romanzo di Lev Tolstoj, Guerra e pace, contiene tutte e due le parole “indesiderate”; chissà se è punibile anche la lettura di quell’enorme romanzone.

Più si approfondisce la questione, più appare chiaro che la percezione dello stereotipo “Pace” cambia enormemente non solo nel passaggio dall'interpretazione ecclesiastica a quella laica, ma anche nello spostamento da un periodo storico all’altro e da un Paese all’altro.

In America la parola “pace” assume toni sempre più scoraggianti nella retorica pubblica del presidente Trump. “Sono dalla parte della pace e quindi voglio porre fine a ciò che voi state facendo”, ha detto Trump, scagliandosi contro Zelens’kyj nello Studio Ovale il 28 febbraio 2025. Come se si atteggiasse a punizione divina, come se volesse portare di nuovo un diluvio sul Paese, Trump ha arbitrariamente privato l'Ucraina della capacità di difendere le sue città dai bombardamenti. Ha bloccato il flusso di informazioni necessarie per individuare e abbattere i missili russi che partivano per colpire le principali città.

Ecco il risvolto catastrofico della Pax trumpiana: il primo giorno della sua “pace”, nella notte tra il 4 al 5 marzo, dei missili balistici Iskander e Kinzhal hanno colpito un hotel a Kryvyj Rih, la città natale del presidente Zelens’kyj. Quattro persone sono state uccise e 32 sono rimaste ferite, tra cui una ragazza di 13 anni e un ragazzo di 17. Dal 3 al 14 marzo 2025, nell’Ucraina colpita da bombe e missili russi, indifesa perché sprovvista dalla difesa contraerea (per decisione di Trump), hanno perso la vita 23 persone e ne sono rimaste ferite oltre 180. Il 4 aprile, altre 20 persone sono state uccise (tra cui 9 bambini e ragazzini: il più piccolo aveva 3 anni) e più di 70 sono rimaste ferite in un altro attacco missilistico russo contro Kryvyj Rih.

Secondo l’onnipotente Trump gli ucraini come popolo hanno peccato, “non erano pronti a discutere la pace”. Anche il 9 marzo, durante una conferenza stampa, Donald Trump ha gongolato: “Desidero la pace, ho quasi distrutto Zelens’kyj”. Mostrando una plateale incompetenza per cui riceve in cambio lusinghe e complimenti, Trump confonde nelle teste degli europei le percezioni di “guerra” e di “pace” e manipola la psicologia delle masse giocando a ping-pong con gli stereotipi. Come risultato, le persone a cui piace l’idea della pace “e basta”, sostengono la “pace” alla Trump e si schierano contro quelli che parlano della necessità di prepararsi per far fronte all’aggressivo imperialismo russo.

Di fatto, tuttavia, questi “pacifisti” non sostengono altro che violenza e coercizione. “Pace senza libertà (sì, sto parlando dell’orrida Pax imperiale e neocoloniale che Trump e Putin hanno in mente per l’Ucraina)” – scrive Michele Serra nel suo famoso appello per la protesta, quando ha convocato i militanti di vari partiti e movimenti sociali per una manifestazione davanti a San Giovanni in Laterano il 15 marzo 2025.

Proprio come due arcobaleni trasmettono significati diversi a seconda della posizione della striscia viola - in alto o in basso - così “pace” può essere interpretata nel senso di “libertà e gioia” o, al contrario, come espressione di ipocrisia e violenza nascosta. Basta infatti vedere da che pulpito viene la predica.

La cosa peggiore è che i portatori della cinica e ipocrita idea di “pace” tendono a imporla agli altri. Putin e la sua cricca giustificano la loro aggressione, anche armata, con il desiderio di espandere dovunque nel mondo la “pace russa”. La parola “mir” in russo è ambigua, significa sia “mondo” che “pace”. Assieme con il loro “russkij mir” (mondo russo), questo sistema totalitario ha anche inventato un fittizio “pacifismo” russo. È un pacifismo basato sull'intimidazione e sulla tortura: che lo tengano presente coloro che ripetono indiscriminatamente degli slogan altrui svuotati di significato, compresi gli appelli alla pace. Se si tratta in realtà di appelli alla guerra, alla minaccia militare si deve rispondere con la difesa militare.

Contro i sistemi politici che costringono i propri cittadini al silenzio si può lottare solo con mezzi e metodi di guerra. Altrimenti, i “fautori di pace” attaccheranno il mondo intero e se lo mangeranno. La persuasione non basterà.

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